Ansia e insonnia

L’insonnia è un sintomo che si presenta frequentemente nelle diverse forme di disturbo d’ansia. L’ansia provoca di frequente la cosiddetta “insonnia parafisiologica”, la quale si verifica in quelle situazioni in cui diviene impossibile addormentarsi, pur essendo stanchi e bisognosi di riposo, poiché si ha troppa paura di non riuscire ad addormentarsi.

L’ansia e lo stress provocano degli squilibri psicofisiologici che vanno a ripercuotersi su tutte le attività dell’organismo e della psiche; fra queste anche il sonno. Secondo la scuola cognitivo-comportamentale l’ansia interferisce sulla rapidità con cui ci si addormenta mentre la depressione sulla profondità e continuità successive.

Tale prospettiva considera le malattie e i disagi, fra cui l’insonnia, come derivanti dalla incapacità della persona di adattarsi a stimoli ambientali che richiedono un processo di adattamento.

Secondo la scuola psicanalitica freudiana classica, l’insonnia può essere correlata a paure nei confronti di pensieri, fantasie o sogni angosciosi che possono presentarsi durante il sonno. Il sonno è il momento in cui la mente razionale non può efficacemente controllare la parte istintiva presente in ogni essere umano e l’insonnia rappresenterebbe il tentativo di perpetuare il controllo.

Al di là delle possibili spiegazioni psicologiche dell’insonnia esistono elementi la cui implicazione nei disturbi del sonno è stata dimostrata; in particolare gli studi operati dalla psicofisiologia hanno accertato che le situazioni prolungate di stress e ansia attivano un circuito composto da strutture cerebrali e da una ghiandola endocrina (asse ipotalamo-ipofisi-surrene), il surrene, il quale aumenta la secrezione di cortisolo.

Quest’ormone, anche conosciuto come ormone dello stress, se presente in quantità superiori alla norma provoca vari disturbi, fra cui insonnia e altri disturbi del sonno, depressione e diverse patologie fisiche.

Quali sono le funzioni del sonno?
In ogni momento della vita l’essere umano si trova in uno dei due stati di vigilanza: la veglia e il sonno, che si alternano rispettando le regole di un equilibrio biologico. Il sonno appare essere un comportamento durante il quale vengono svolte funzioni fondamentali per il sistema nervoso e per l’organismo.

Se così non fosse non si spiegherebbe il fatto che questo comportamento risulti conservato dal punto di vista evolutivo. Pur rappresentando un periodo di profondo isolamento senso-motorio dell’organismo dall’ambiente esterno, il sonno è caratterizzato da un attività cerebrale continua.

Inoltre, il metabolismo cerebrale risulta solo leggermente ridotto durante il sonno NREM, e ritorna ai livelli tipici della veglia durante il sonno REM. Il cervello, quindi, durante il sonno non è inattivo.

Anche quando dormiamo esso continua la sua attività, elabora gli stimoli raccolti nel corso della giornata, organizza un proprio sistema di archiviazione dei dati, procede ad associarli, ad eliminare quelli ritenuti superflui, predispone l’attività cerebrale allo stato di veglia in cui è possibile utilizzare tutto il bagaglio di nozioni così raccolto per esprimere il meglio di sé nei confronti della realtà.

Durante il sonno il cervello non smette dunque di funzionare, semplicemente si isola, ma continua ad elaborare in modo molto elementare gli stimoli esterni, conservando la capacità di reagire agli stimoli sensoriali che avvertono della presenza di un pericolo, continuando ad essere vigile e attento a ciò che lo circonda.

Come funziona il sonno?
Il sonno è, quindi, un processo in continuità con la veglia, biologicamente predisposto a svolgere un ruolo di estrema utilità al fine di consentire all’organismo di adattarsi al meglio all’ambiente circostante.

Tutto ciò che altera questo equilibrio diventa fonte di disagio; l’insonnia, l’ansia e anche la depressione sono indubbiamente espressioni di una risposta disadattiva allo stress della vita. Viceversa l’alternarsi del sonno e della veglia, vissuti entrambi con soddisfazione e nel rispetto dei propri ritmi, è espressione di uno stile di vita funzionale, di un buon adattamento.

Il sonno è caratterizzato da due fasi principali: la Fase REM e la Fase NREM. Il termine REM deriva dal fatto che durante tale fase gli occhi si muovono con movimenti ritmici rapidi (dall’inglese “rapid eye movements” ). In questa fase, che si verifica normalmente 4 o 5 volte per notte, ogni 90 minuti circa, con una durata di pochi minuti per volta, si fanno sogni molto intensi.

La fase REM è chiamata anche sonno paradosso poiché è caratterizzata da eventi che denotano una situazione tutt’altro che tranquilla e rilassante. L’elettroencefalogramma utilizzato su una persona che riposa mostra infatti, in questa fase, la comparsa di onde cerebrali molto forti, più “agitate” rispetto a quelle del sonno profondo, accompagnate da brevi apparizioni di onde Alfa e Beta, tipiche dello stato di veglia.

In contrasto con l’aumentare dell’attività dei muscoli involontari (cuore e polmoni), i muscoli volontari vengono letteralmente paralizzati.La fase NREM (non-REM), caratterizzata da un sonno più profondo, è suddivisa a sua volta in quattro distinti stadi:

  • primo stadio: dura pochi minuti ed è un sonno di transizione. Il movimento degli occhi è circolare e molto lento;
  • secondo stadio: è leggermente più profonda rispetto alla prima. Il movimento lento degli occhi si arresta quasi completamente;
  • terzo stadio: il ritmo cerebrale diviene molto lento. Il lieve movimento degli occhi si arresta completamente;
  • quarto stadio: sonno profondo. La frequenza delle onde cerebrali è molto bassa (onde Delta).

I cicli del sonno: il sonno inizia dal primo stadio fino ad arrivare al quarto stadio della fase non-REM, nel quale l’individuo permane per circa 20-40 minuti. Dopodiché il sonno comincia a diventare più leggero e passa nuovamente al secondo stadio del non-REM per 5-10 minuti, e poi improvvisamente alla fase REM. Terminata questa fase, il ciclo ricomincia.

Con l’avanzare della notte c’è una parziale diminuzione del sonno non-REM (in particolare del 3° e 4° stadio) ed un aumento dei periodi REM, fino ad arrivare a permanenze in questa fase di 30-50 minuti. Inoltre sembrerebbe vi sia un periodo “refrattario” tra ogni fase REM consecutiva, ovvero tra due periodi REM devono trascorrere almeno 30 minuti circa.