La RET rientra nel gruppo delle psicoterapie ad orientamento umanistico (A. Ellis, 1973), ed è stata sviluppata negli anni ’50 dallo psicologo clinico statunitense Albert Ellis. Possiamo ritrovare in Paul Dubois, psichiatra svizzero, un precursore di questo approccio, in quanto egli già all’inizio del XX secolo basava il suo metodo sulla convinzione di poter modificare le idee erronee dei pazienti per mezzo di quella che chiamava ‘psicoterapia razionale’.
Secondo Ellis, i disturbi della sfera emotiva sarebbero il risultato di pensieri illogici e irrazionali, orientati verso l’assolutezza nei giudizi e una rigida concezione di ciò che si ‘deve essere’ (A. Ellis, R. A. Harper, 1975; A. Ellis, R. Grieger, 1977); reazioni emozionali prolungate sono causate da asserzioni su di sé che l’individuo ripete a se stesso e che riflettono talvolta assunti inespressi, convinzioni irrazionali circa ciò che è necessario per condurre un’esistenza significativa.
Uno dei compiti della terapia è dunque quello di individuare e chiarire queste credenze irrazionali, ingiustificate e nocive al benessere del paziente attraverso una disamina razionale, per sostituirle con altre più realistiche e flessibili, maggiormente utili per l’adattamento del soggetto. Ad esempio, persone ansiose possono crearsi dei problemi ponendo a se stesse o ad altri richieste non realistiche, come ‘devo riuscire a farmi voler bene da tutti’. Ellis sostiene che le persone interpretano ciò che avviene intorno a loro, e talvolta tali interpretazioni possono generare gravi turbamenti emotivi; l’attenzione del terapeuta dovrebbe essere quindi rivolta a queste convinzioni, piuttosto che alle cause biografiche del disturbo o allo stesso comportamento manifesto (Ellis, 1962, 1964).
Per fare questo, il terapeuta si avvale di specifici metodi atti ad individuare in maniera accurata e puntuale i sistemi cognitivi dei pazienti, definendoli attraverso tre momenti: evento attivante, sistema di credenze e conseguenze comportamentali. L’attenzione di questo approccio è centrata sulle modalità cognitive individuali di costruzione della realtà e della sua interpretazione. Le tecniche adottate riflettono questi assunti di fondo, e comprendono anche l’atteggiamento emotivo del terapeuta, il quale deve accettare, tollerare e validare l’esperienza emotiva del paziente, così come altri metodi comportamentali come il condizionamento operante, la desensibilizzazione sistematica, il biofeedback e metodi cognitivi atti a mostrare in modo didattico-illustrativo l’origine delle ‘false credenze’.
Recentemente (1993b) Ellis ha iniziato a porre in rilievo l’autorealizzazione, incoraggiando i pazienti a sperimentare e infine scegliere il proprio percorso di autorealizzazione; questo spostamento di interesse concede una considerevole autonomia al paziente nel facilitare il proprio recupero. In ogni caso, la terapia razionale-emotiva incoraggia il terapeuta ad essere alquanto direttivo. L’ambito applicativo più mirato riguarda i pazienti con disturbi non gravi, che possiedono buone capacità intellettive e sufficiente forza dell’Io per accettare ed intraprendere i cambiamenti richiesti (T. B. Karasu, 1984); i sostenitori di questo approccio riportano vari esempi di casi trattati, dai disturbi d’ansia, a quelli dell’umore, di tipo sessuale, a problematiche di coppia, adolescenziali, fino a disturbi più gravi di personalità e psicotici.
Riferimenti bibliografici:
Ellis A., (1973), Humanistic psychotherapy: The rational-emotive approach, McGraw-Hill, New York;
Ellis A., Harper R. A. (1975), A new guide to rational living, Wilshire Books, North-Hollywood, CA;
Ellis A., Grieger R. (1977), Handbook of rational-emotive therapy, Springer, New York;
Ellis A., (1962), Reason and emotion in psychotherapy, New York: Lyle Stuart; Ellis A., (1993b), Fundamentals of rational-emotive therapy (RET) for the 1990s. In W. Dryden & L. Hill (Eds.), Innovations in rational-emotive therapy. Newbury Park, CA:Sage;
Karasu, T. B., (1984), The psychiatric therapies, APA, Washington, DC.
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