“ La psicologia sociale studia i modi in cui i comportamenti, i pensieri e i sentimenti delle persone vengono influenzati dalla presenza reale o immaginaria di altre persone o altri gruppi” ( Allport)
Lo studio dei fenomeni collettivi risale alla fine del XIX secolo. In questo periodo storico ci furono grandi trasformazioni sociali come l’industrializzazione, l’inurbamento, le condizioni di miseria le rivolte e l’aumento della popolazione. Gli studi più importanti relativi ai fenomeni della psicologia collettiva furono quelli di Le Bon (1895), Sighele (1891), Tarde (1901) e Freud (1921). Lo psicologo e sociologo francese G. Le Bon sostiene che l’individuo, nell’ambito del gruppo allargato, subisce una radicale trasformazione e compie azioni che altrimenti non compirebbe, egli cioè perde il controllo di sé “Le folle non ragionano, accettano o rifiutano le idee nel loro complesso, non tollerano discussione e contraddizione, e le suggestioni che le dominano invadono l’intero campo della loro coscienza e tendono a trasformarsi immediatamente in azioni”. Le Bon parla di “ anima collettiva” che rende uniformi i comportamenti; gli individui diventano tutti uguali e accettano gli imperativi a loro indirizzati attraverso un meccanismo di “contagio” e di suggestione ( unità mentale delle folle). Secondo Le Bon esiste una condizione di inferiorità intellettuale delle folle rispetto agli individui che le compongono perché c’è una perdita di inibizione che può portare a comportamenti oggettivamente migliori o peggiori ( moralità delle folle). Il magistrato francese G. Tarde respinge l’interpretazione di Le Bon. Egli è convinto che nell’ambito del gruppo si conservano le differenze individuali e parla di “imitazione” e non di “contagio”. Freud sostiene che nella folla diminuisce il senso di responsabilità e razionalità e compaiono sentimenti di potenza e di omogeneità di comportamento ma, al contrario di Le Bon, sostiene che le pulsioni individuali non sono diverse da quelle preesistenti nel singolo individuo. Nel 1891 Sighele pubblica un’opera ( La folla delinquente) considerata tra i primi studi di psicologia collettiva in Europa. La folla, per Sighele, rappresenta una personalità unica ( come sosteneva anche Tarde) in quanto gli individui che ne fanno parte si annullano a causa di suggestione o contagio sociale. Alcune teorie sulla psicologia delle folle vengono riprese dalla psicologia sperimentale in epoca più recente. Zimbardo ( 1969) sostiene che nelle folle esiste una responsabilità diffusa, una deindividualizzazione e un comportamento impulsivo, irrazionale e regressivo. Diener (1976) afferma che il fenomeno della perdita della propria identità può portare a comportamenti diversi e non solo aggressivi, anche se il contesto influenza l’autoconsapevolezza e i riferimenti di regolazione interna dell’individuo ( valore e abitudini). Gli psicologi Johnson e Dowling (1979) sostengono che la diminuzione del principio di identità può anche dare luogo all’aumento del comportamento prosociale. Negli studi di Reicher (1984) si parla di “ identità sociale”cioè di una sorta di impronta collettiva alla quale gli individui si conformano in quanto membri di un gruppo, essi non perdono l’identità ma ne acquistano una nuova.