Ormai sono tre anni che la mia vita si trascina stanca, senza un futuro da un giorno all'altro.
Ho lasciato l'università senza finirla. Non avevo piani B per la mia esistenza, e d'altronde neanche il piano A mi faceva impazzire più di tanto a quel punto.
Andare all'università non mi ha fatto crescere come persona, non ho imparato a socializzare, non ho imparato, negli estenuanti tirocinii a stare bene con gli altri, non ho colmato il gap che mi separava dagli altri. Anzi, in tutto quel tempo si è allargato. Gli altri andavano avanti con la propria vita, con gli amici, i progetti, io rimanevo fermo.
Eppure lasciare l'università sarebbe stato un mezzo trauma, a sentire il mio psicologo.
Sono passati tre anni e io non ho combinato niente. Non ho lavorato, non mi sono divertito praticamente mai, non ho conosciuto nuova gente, ho smesso di frequentare quella che già conoscevo, si sono abbassate ancora le mie soglie di tolleranza alla fatica e alle frustrazioni.
Per la rabbia di essere stato preso in giro (mi aveva detto per anni che era meglio che finissi l'università, salvo poi dirmi di lasciarla) avevo smesso di andare dallo psicologo, ci sono tornato qualche volta, poi l'anno scorso ho ricominciato ad andarci quasi regolarmente.
Ho provato a fare EMDR, sono persino stato ricoverato un mese in una struttura dove avrei dovuto farne parecchia l'estate scorsa (ne ho fatte tre o quattro sedute), ma tornando a casa sono ripiombato nei miei soliti blocchi, poi nel malumore e nell'apatia.
Ho paura di fare tutto, sono stufo di tutto, delle difficoltà dell'insoddisfazione, della vita schifosa che vedo stendersi sconfinata (come una strada nel deserto) di fronte a me, non ho voglia di fare niente.
A metà febbraio il tetto della casa è bruciato.
Ho fatto poco o nulla per aiutare i miei genitori in questi mesi pesanti. Ricordo che il giorno prima dell'incendio ero stato dallo psicologo e per la prima volta da settimane ero ottimista. Quando è scoppiato l'incendio la fragile vita di nullafacente che mi ero costruito a spese dei miei genitori è andata in pezzi. Se non fosse stato per l'ESCITALOPRAM (20 mg al giorno) credo che avrei sentito un'ansia da spezzare il fiato.
Ora vivo una vita da ameba, passeggio avanti e indietro tutto il giorno in casa di mia sorella, di cui sono ospite, non faccio niente a parte mangiare dormire e passeggiare nervosamente.
So che mi dovranno arrivare ancora molte “tegole” in testa e non voglio stare qua ad attenderle.
Voglio morire perché non sopporto più lo squallore della mia vita. Voglio morire “con la testa”, perchè ho capito razionalmente che per me non c'è niente di quello che vorrei, non c'è nemmeno il benessere psicofisico. Voglio morire perchè sono stufo di guardarmi allo specchio e di vedere un trentenne brutto, fuori forma, ingobbito e strabico.
Ho paura di morire, ho paura di provare a farlo, ho paura di essere scoperto mentre lo faccio, ho paura delle conseguenze che ci sarebbero se mi salvassi, sia “bene” (sano) che “male” (menomato).
I miei genitori mi sopportano da una vita, soprattutto da dopo che mio padre mi trovò con la pistola in mano nove anni fa.
Credo che sappiano che mi girano brutti pensieri per la testa anche perchè sia prima che dopo l'incendio ho fatto parecchi accenni.
Mia madre credo abbia capito che sono un miserabile che non vuole più fare fatica né soffrire.
Mio padre probabilmente cerca di non pensare al suo figlio fallito.
Saranno i farmaci, sarà che ormai ci ho fatto il callo, ma in tutto questo io dormo la notte e non ho attacchi di ansia di giorno.
Sono solo senza speranze di un futuro migliore, senza più voglia di vivere una vita semplicemente brutta, con la lucida consapevolezza che arrivare a trent'anni con la mia immaturità emotiva e solo delle vaghe speranze di poter un giorno forse essere come gli altri NON è un buon risultato.
Sono stufo di fare finta di vivere e di essere invece completamente solo coi miei problemi, di vivere di elemosina dei miei genitori, di essere insicuro, di non riuscire neanche a fare un lavoretto da niente senza stare male e di essere pure giudicato per questo. Sono stufo anche di farmi prendere in giro con vaghe speranze di miglioramento da psicologi e psichiatri.
Scusate lo sfogo disordinato, me ne torno a progettare/fantasticare il mio suicidio.
"Non studio non lavoro non guardo la tivù. Non vado al cinema non faccio sport." (CCCP)