Ciao, sono un ragazzo di 32 anni e ho deciso di scrivere e buttare fuori quello che sento dentro.
Sono figlio unico e sono cresciuto in un ambiente famigliare tranquillo, con dei genitori sempre presenti ma nemmeno oppressivi.
Ho sempre sofferto di ansia, ma ho sempre avuto un forte autocontrollo perchè l'idea di essere veramente quello che sono di fronte a gli altri mi ha sempre imbarazzato. Le persone che mi conoscono non lo percepiscono, mi vedono solo come timido, riservato e introverso. Ho sempre somatizzato molto il mio malessere interiore e tendo a essere molto ipocondriaco.
Dieci anni fa per un attacco di panico acompagnato da forte ansia, mi sembrava di impazzire, ho chiesto aiuto in famiglia e al pronto soccorso mi hanno dato ansiolitici per una settimana. Avevo paura della morte e facevo pensieri che andavano solo in quella direzione che mi accompagnavano tutto il tempo, non pensieri suicidi, sia chiaro, solo paura per quello che è. Era una periodo che stavo molto tempo da solo per via degli studi universitari e nel frattempo sono avvenuti dei lutti di amici di famiglia.
Prima di questo evento mi capitava di tanto in tanto un sensazione che l'anno scorso ho scoperto leggendo un articolo chiamarsi depersonalizzazione o derealizzazione. La prima volta che mi suceessa è stato durante gli anni delle scuole medie. Al tempo essendo piccolo mi spaventava molto, ma bastava una chiaccherata con mamma o papà e la mattina dopo tutto spariva, ma poi con gli anni non è stato sempre così, è come se questa cosa fosse mutata, si fosse fatta pià furba e subdola.
Come detto all'inizio sono molto timido, mi sento a disagio al centro dell'attenzione e nei casi in cui lo sono l'oppressione dei possibili sguardi della gente mi distrugge.
Questo mi ha portato a non essere mai stato in grado di trovare una ragazza, e questa per me è la più grande sofferenza della mia vita. Solo che non ne parlo mai, ormai mi vergogno e nemmeno gli amici mi chiedono nulla di questo, forse per non mettermi in difficoltà, anche se a volte vorrei un aiuto.
Sono un persona molto sensibile e per questo ogni piccolo evento mi scuote.
Cinque anni fa è arrivata la botta finale, una malattia che ha reso mio padre in stato semivegetativo da un giorno all'altro. Da li un incubo, ogni giorno un susseguirsi di notizie buone e poi cattive. Questo periodo mi ha segnato molto, e purtroppo solo in modo negativo. Dall'inizio del 2012 mio padre non c'è più ma questo non mi ha ricambiato in meglio. Sono sempre così, preda della mie paure e schiacchiato dalla mia timidezza, oltre che incapace di reggere qualunque stress.
Da poco ho mollato il lavoro perchè troppo stressante e perchè non in grado di competere con la viscidità delle persone che mi circondavano.
Non mi sento un vero uomo, mi sento un uomo che ha fallito, che non ce l'ha fatta.
Ora ho deciso di fare una pazzia e andare all'estero, sperando che sia una cosa positiva, ma non per fare carriera, oivvamente ho trovato un lavoro ma più che altro lo faccio per provare a dimenticare un po' tutto e in qualche modo ricominciare. Non so se possa essere la decisione giusta, però ora ho deciso.
Vorrei chiedervi dunque se secondo voi dovrei rivolgermi a uno specialista, non l'ho mai fatto in vita mia. Quello che mi chied è se quello che sono è qualcosa da ritenere nella media delle cose che si possono trovare nelle persone? Ho avuto genitori che lavoravano e lavorano nel campo infermieristico, in particolare mio padre era vicino al mondo della psicologia, ma nonostante questo ho sempre avuto l'impressione che non volessero ammettere che c'era qualcosa che non andava...
Vi chiedo un parere, un consiglio, grazie.
Tanti auguri e buone feste!