L’attacco di panico è uno dei disturbi psicologici più fastidiosi ed invalidanti; la persona sperimenta tutta una serie di sintomi psico-fisici che spesso gli impediscono di compiere anche le azioni quotidiane più banali. Andare al supermercato, recarsi al lavoro o semplicemente uscire di casa può risultare un’impresa impossibile e tale condizione di impotenza scoraggia e abbatte la persona a tal punto da farla cadere in depressione, attanagliarla nella morsa della paura e spingerla verso l’auto-isolamento socio-relazionale. Tutto ciò può risultare incomprensibile agli occhi di chi non ha mai sperimentato un attacco di panico; per provare ad immedesimarsi per un attimo in tale sofferenza basta però immaginare una situazione in cui si ha la sensazione imminente di morire e di impazzire; sentiamo il cuore battere fortissimo al punto di credere di avere un infarto, ci sentiamo soffocare e la percezione, i sensi e la capacità di pensare si offuscano totalmente, come se stessimo perdendo il controllo di noi stessi e il contatto con la realtà.
In una manciata di interminabili secondi si consuma una delle esperienze più sconvolgenti che lascia la persona con una sensazione di totale svuotamento e spossatezza e imprime nella sua psiche una traccia profonda, attivando un meccanismo mentale per cui, da quel momento in poi, l’attacco di panico è innescato automaticamente da ogni stimolo, situazione o contesto che assomiglia o ricorda per qualche motivo lo stimolo, il contesto o la situazione in cui si è verificato la prima volta. Che poi lo stimolo sia reale o mentale ha poca importanza; anche immaginare o rievocare mentalmente in maniera intensa un certo stimolo può essere sufficiente a scatenare un vero attacco di panico. Questo perché un evento, specie se emozionalmente connotato in chiave ansiosa o particolarmente traumatico, crea delle specifiche connessioni a livello cerebrale e ogni stimolo, mentale o reale, che rimanda a quell’evento o a delle sue caratteristiche, riattiva automaticamente quella stessa sequenza di connessioni cerebrali, le quali, automaticamente, si rinforzano; un po’ lo stesso principio per cui percorrendo una stessa strada più volte tendiamo, col tempo, ad imboccarla in maniera quasi automatica, nonostante attorno a noi ci siano molti altri possibili percorsi alternativi. L’attacco di panico può quindi essere descritto come una reazione automatica del nostro cervello, innescata da stimoli mentalmente associati a una situazione o a un’esperienza traumatica.
A questo punto, coloro che hanno vissuto in prima persona un attacco di panico avranno avuto modo di riconoscersi in molti dei sintomi e delle sensazioni sopra descritte. E si chiederanno, tra sé e sé: potrò mai liberarmi dalla morsa del panico e recuperare il controllo su di me e sulla mia vita? E se si, come?
La risposta alla prima domanda è affermativa.
La risposta alla seconda domanda potrebbe più o meno suonare così: visto che la mente è responsabile dell’attacco di panico è sempre attraverso la mente che possiamo guarire. Mi spiego meglio. Abbiamo detto che l’attacco di panico è una reazione automatica del nostro cervello innescata da uno stimolo, reale o immaginato, mentalmente associato al ricordo di una situazione traumatica passata. Seguendo questo ragionamento, è possibile utilizzare delle visualizzazioni mentali per depotenziare gli stimoli “pericolosi”, dissociandoli dalle situazioni traumatiche del passato e inducendo così il nostro cervello a reagire in maniera diversa, attivando vie e circuiti nervosi diversi da quelli coinvolti nell’attacco di panico.
Un’altra possibilità è quella di indurre, sempre attraverso le visualizzazioni, stati mentali incompatibili con lo stato di tensione e di paura che caratterizzano l’attacco di panico.
In entrambi i casi, si tratta di utilizzare la mente e le visualizzazioni mentali per rieducare il nostro cervello e ri-programmare le sue reazioni in direzione del benessere e del recupero della nostra libertà personale.
Dr. Stefano Falcini – psicologo e psicoterapeuta – web site: www.stefanofalcini.it