Non esiste separazione definitiva fino
a quando c’é il ricordo”.
Isabel Allende
L’amnesia rappresenta l’elemento di maggiore interesse nell’ambito dei disturbi della memoria. Con il termine disturbo della memoria si fa riferimento a un disfunzionamento delle normali capacità mnestiche. Nell’amnesia la memoria va incontro ad alterazione che causa una menomazione significativa del funzionamento sociale o lavorativo rispetto a un precedente livello di funzionamento. Questo disturbo è caratterizzato dalla perdita della memoria a lungo termine, che avviene in modo parziale (lacunare) o totale (globale), transitorio, se dura meno di un mese, con regressione del’amnesia fino a completa acquisizione della memoria, cronico, se dura più di un mese, senza variazioni. Il deficit è indipendente da disturbi intellettivi, linguistici o percettivi ma, nei casi gravi, l’amnesia è estremamente invalidante, portando, i pazienti a necessitare di continua assistenza. L’entità del disturbo dipende dalla sede della lesione, dalla sua estensione e dalla probabile irreversibilità.
Nel disturbo amnesico, si distingue tra amnesia di fissazione o anterograda, con l’incapacità a fissare e a formare nuovi ricordi, amnesia di rievocazione o retrograda, consistente nell’impossibilità di recuperare dalla memoria ciò che è stato fissato prima del trauma; questo tipo di amnesia può essere globale o lacunare; amnesia di ricordo, che si riferisce a ricordi fortemente investiti emotivamente, che perdono ogni obiettività e vengono personalizzati o deformati.
Nell’amnesia il paziente può presentare alcune abilità di memoria gravemente deficitarie, insieme al relativo risparmio di altre abilità mnestiche. Questo è possibile perché si distingue una memoria associata all’apprendimento e alla rievocazione di informazioni, la cosiddetta memoria episodica, da una memoria di azioni, la memoria procedurale. La memoria episodica, insieme alla memoria semantica, sono due sottosistemi della memoria dichiarativa. La memoria procedurale è invece un sottosistema della memoria non dichiarativa, un tipo di memoria basata sull’apprendimento inconsapevole delle abilità, la cui esistenza può essere rilevata solo attraverso il comportamento manifesto del soggetto. La memoria di tipo procedurale, legata ad abilità, viene espressa essenzialmente attraverso prestazioni di tipo motorio, non è accessibile alla coscienza, è estremamente antica dal punto di vista filogenetico e compare precocemente nel corso dello sviluppo postnatale. Al contrario, la memoria di tipo dichiarativo, che acquisisce informazioni su fatti ed episodi, è accessibile alla coscienza e rappresenta una tappa abbastanza tardiva sia in termini evoluzionistici, in quanto può essere considerata tipica dei vertebrati, sia in termini di sviluppo postnatale umano. Una differenza sostanziale tra i due tipi di memoria, come hanno indicato B. Milner (1970), L.R. Squire e S. Zola-Morgan (1988), consiste nel fatto che la memoria di tipo procedurale va difficilmente incontro all’amnesia. Gli studi di Milner e in particolare le sue osservazioni sul paziente H.M. hanno messo in evidenza tale differenza. Questi era affetto da una gravissima forma di epilessia e, in seguito agli insuccessi di cure farmacologiche, fu sottoposto a un intervento chirurgico in cui venne praticata una resezione bilaterale delle aree temporali mediali dell’ippocampo. Dopo l’intervento, l’epilessia di H.M. subì una netta regressione, ma la sua memoria rivelò un deficit gravissimo, un’amnesia che comportava la permanenza dei ricordi consolidati prima dell’intervento chirurgico, ma l’impossibilità di formare nuovi ricordi. H.M. poteva ricordare brevi liste di parole o di numeri per pochi minuti ma in seguito le dimenticava. H.M. e soggetti con la stessa sede di lesione, presentavano dopo il danno, una memoria procedurale intatta: erano in grado di apprendere un compito ma non ricordavano quando l’avevano appreso, mancava il ricordo riferito all’episodio in cui era stato appreso il compito.
Come sostiene Baddeley esistono varie forme di apprendimento e non tutte passano per la memoria di tipo dichiarativo.
Forme cliniche di amnesia.
Nella pratica clinica si osservano varie forme di amnesia.
Amnesia anterograda
Questa forma clinica è caratterizzata dall’incapacità di fissare gli eventi e il materiale successivi all’episodio che ha causato una sofferenza cerebrale.
Nel processo di memorizzazione caratterizzato da “percezione >memoria di lavoro›memoria a lungo termine” è quest’ultima tappa che viene danneggiata: l’informazione viene registrata e trattenuta per un periodo breve, di uno, due minuti, ma esiste un’alterazione nel processo del suo trasferimento nella memoria a lungo termine, con la mancanza di acquisizione e ritenzione (consolidamento) di nuovi ricordi.
L’amnesia anterograda è uno dei disturbi più caratteristici, è comune in quasi tutte le sindromi amnesiche.
Amnesia retrograda
Al contrario della forma precedente, è caratterizzata dall’incapacità di rievocare materiale vecchio, con estrema difficoltà a ricordare gli eventi accaduti immediatamente prima del fatto che ha causato questa patologia. Il periodo può essere di minuti, ore, o eccezionalmente giorni o mesi.
La caratteristica di questo tipo di amnesia è il cosiddetto ” gradiente di AR”: ossia la tendenza ad avere compromesso soprattutto il ricordo degli avvenimenti più recenti, con maggiore possibilità di recupero di quelli più remoti, pur non del tutto normali (Talland, 1965; Victor, 1976). Secondo la legge di regressione di T.A. Ribot, caratteristica del disturbo amnesico è quella di preservare, contrariamente al decorso della memorizzazione, i dati acquisiti in un lontano passato, lasciando decadere per primi quelli di recente acquisizione. Ricerche su un gruppo di pazienti etilisti con sindrome di Korsakoff, hanno dimostrato che il ricordo degli eventi remoti può essere, del tutto o in parte, risparmiato, con amnesia dei ricordi più recenti. Nell’ambito dell’amnesia retrograda in tutto o in parte reversibile, come in quella post-traumatica, sono stati descritti pazienti in cui il disturbo si restringeva progressivamente portando alla memoria gli eventi remoti prima di quelli immediatamente precedenti il trauma.
Amnesia globale o totale.
E’ l’evidenza clinica in cui si sommano le due forme precedenti, con la perdita dei vecchi ricordi e la contestuale incapacità di assumerne di nuovi. Il deficit inizia dalla memoria recente e si estende alle epoche più lontane fino all’età infantile e alla propria data di nascita. Si tratta di una situazione di estrema gravità altamente invalidante, che tra l’altro si abbina spesso alla cosiddetta ” anosognosia” ovvero alla mancanza di consapevolezza da parte del malato di avere questo severo disturbo.
L’amnesia globale è diffusa a gradi diversi e comporta non solo una riduzione delle possibilità mnestiche, ma anche una progressiva alterazione e diminuzione del patrimonio cognitivo. L’amnesia globale, oltre alla compromissione della memoria, investe tutte le capacità acquisite dal soggetto, linguaggio e gestualità compresi.
A volte questa forma clinica si può manifestare in modo passeggero (amnesia globale transitoria), per lo più dopo un sovraccarico emotivo fortemente stressante. In questo caso il paziente avverte un drammatico senso di disorientamento, poiché è del tutto consapevole del grave deficit della propria memoria, che resta integra soltanto nella sua forma biografica (con conservazione quindi di ricordi che appartengono alla storia personale della persona).
In questi pazienti, ricorrendo a studi con risonanza magnetica, sono stati evidenziati danni transitori a livello dell’ippocampo.
Amnesia psicogena
E’ prodotta da eventi fortemente connotati emotivamente in soggetti con strutture cerebrali indenni.
Amnesia lacunare
E’ un’amnesia limitata a un periodo della vita del paziente che non ha lasciato nessuna traccia nella sua memoria. Può essere transitoria (dura: ore, giorni, mesi).
L’amnesia lacunare può essere selettiva, quando concerne solo una parte del materiale mnesico; sistematizzata, quando riguarda tutti i ricordi relativi, un fatto o una persona specifici.
Paramnesia
E’ una forma particolare di amnesia. Vengono raccolte in questo ambito tutte le alterazioni qualitative della memoria che conducono a una deformazione dei ricordi e a una loro errata collocazione spazio-temporale, in base alla psicopatologia in atto al momento dell’elaborazione. Oltre alla confabulazione, che nella varietà delle sue manifestazioni presenta tratti paramnestici, le figure più significative di paramnesia sono:
- la reminescenza che può essere definita una rievocazione senza riconoscimento, come nel caso della criptomnesia (detta anche “hidden memory” o memoria occultata, come accade nella rievocazione, nel corso di sedute ipnotiche, di ricordi di cui non si aveva più traccia), caratterizzata dalla riemersione di un ricordo scambiato per un’idea completamente nuova, o come nel caso del plagiarismo inconscio, per cui ad esempio un musicista o uno scrittore adottano, senza rendersene conto, temi di altri musicisti o scrittori che hanno precedentemente ascoltato o letto;
- la pseudoreminescenza che è un’errata rievocazione perché si riferisce a un’esperienza psichica realmente vissuta in passato, ma ricordata con un contenuto, un significato o una collocazione diversi da quelli reali, come nel caso delle alloamnesie (rievocazione di un’esperienza realmente vissuta ma ricordata con significati, collocazione spazio-temporale e dimensioni totalmente distorti), o perché riferisce come contenuti della memoria esperienze mai vissute o immaginate come nel caso della pseudomnesia;
- l’ecmnesia per cui il soggetto vive come se fossero attuali ricordi della sua infanzia. Il fenomeno compare nella demenza e nell’alterazione dello stato di coscienza dovuta a lesioni cerebrali o all’assunzione di sostanze allucinogene. Questa reviviscenza della memoria, che però sfugge al controllo della coscienza, rende incerta la classificazione psicopatologica del fenomeno tra le forme di ipermnesia e paramnesia. Esiste anche chi ritiene il fenomeno sia tra i sintomi di depersonalizzazione;
- l’esperienza di déjà vu in cui una situazione nuova viene percepita come “già vista”. Tale esperienza, detta anche falso riconoscimento, è spesso vissuta con la sensazione di sapere cosa accadrà dopo. Fenomeni di dejà vu sono frequentemente descritti da soggetti epilettici e isterici per i quali l’esperienza può durare ore o giorni, mentre negli individui normali permane al massimo qualche secondo. La sensazione di familiarità del déjà vu può essere spiegata: come un’errata generalizzazione di esperienze passate applicata a una situazione che risulta parzialmente somigliante; come la perseverazione di uno stato emotivo precedentemente causato da una difficoltà di adattamento al contesto presente; come il ricordo di fantasie inconsce riattivato dalla situazione attuale. Simili al déjà vu sono il déjà entendu con la sensazione di aver già sentito ciò che si sta udendo al momento, il déjà fait in cui il soggetto è convinto che quello che gli sta succedendo gli sia già accaduto in precedenza, il déjà pensè come sensazione di aver già formulato in passato lo stesso pensiero. Secondo alcuni, l’esperienza del déjà vu può aver contribuito al sorgere dell’idea della *metempsicosi, nel senso che, se si ha l’impressione di aver già vissuto un’esperienza che in realtà è nuova, si può pensare di averla vissuta in un’esistenza precedente;
- l’esperienza di jamais vu, detta anche misconoscimento, in cui il soggetto percepisce situazioni a lui ben note come nuove ed estranee. Può verificarsi nelle schizofrenie, in alcune crisi epilettiche, in stati di tossicità o di particolare affaticamento. Rientrano in questo campo l’idea che individui o cose abbiano subito repentini cambiamenti o vere e proprie trasfigurazioni, da uomo a donna, da giovane a vecchio, o abbiano cambiato radicalmente fisionomia.
*Teoria secondo cui le anime, dopo la morte del corpo, vanno soggette a numerose reincarnazioni. Plotino parla più correttamente di metemsomatosi e riferisce che questa credenza antichissima è di origine orientale. (Dizionario di Psicologia. Utet)
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Riferimenti bibliografici
- Denes G., Pizzamiglio L. (2000). Manuale di neuropsicologia. Zanichelli editore.
- Dizionario Enciclopedico della Salute e della Medicina. (2006). Biblioteca Treccani.
- Freddi A. (2006). Amnesie e turbe della memoria. Il pensiero scientifico editore.
- Galimberti U. (2006). Dizionario di Psicologia. Utet.
- Gilberti F., Romolo R. (1996). Manuale di psichiatria. Piccin editore.
- Grossi D., Trajano L. (2004). Lineamenti di psicologia clinica. Carocci editore.