Nella sua vita la donna rincorre mille ruoli e abbraccia diverse identità sociali solo apparentemente distinte le une dalle altre. Nella costruzione e considerazione di se stessa che ella impara a rappresentarsi, si pone, o è costretta a porsi, obbiettivi significativi. Da bambina può ritrovarsi ad essere accudente e protettiva verso uno dei due genitori così come da adulta può tornare ad essere profondamente figlia e vivere forme di regressione psicologica e sociale che l’allontanano dalla realtà delle sue enormi, altre, potenzialità, in quanto la donna è per definizione votata all’aiuto degli altri.
Per alcune donne, il destreggiarsi e il calarsi nei panni ora di una ora di un’altra istanza di sé, bambina–figlia, figlia–madre, madre–figlia, sembra un processo che si svolge con naturalezza, come se dentro di sé la donna possa percepire la modalità di passare da un ruolo ad un altro, da un’identità all’altra e fluidamente attingere alla sorgente del femminile recettivo e intuitivo della propria natura.
Ma questo interscambio psichico ha un prezzo. Esso può diventare una vera e propria fissazione psichica e presentarsi, nel passaggio ad altre fasi della vita, come un blocco granitico che non lascia scivolare verso il cambiamento. Oppure convogliare nella malattia del corpo, corpo come mediatore tra sé e il mondo dell’altro, l’atroce dubbio identitario contestuale e relazionale.
Verranno ora prese qui in esame forme di sofferenza psichica e fisica insieme, che riguardano specificamente il vissuto odierno della donna attraverso recenti approdi nelle ricerche di genere.
La sindrome depressiva
I disturbi depressivi, dagli stati più lievi a quelli più gravi, colpiscono in una lenta sofferenza circa il 20% della popolazione italiana; si stima che circa 6 milioni di persone di ambo i sessi sono in terapia per la cura di disturbi depressivi e 9 milioni di persone sono malate di depressione senza saperlo.
La popolazione femminile ricopre ampiamente queste stime e maggiormente la ritroviamo tra chi non si sottopone a cura farmacologica e terapia psicologica per motivi insiti nella natura sociale ricoperta dal continente donna.
Possiamo riconoscere nei segnali tipici del disturbo depressivo quello di cui molte donne quotidianamente lamentano come un vissuto condiviso e spesso anche in parte osservato in altre donne della famiglia, la madre in primis, frutto della fatica imposta dal ruolo di accudente a lunga gittata e per tutta la durata della sua esistenza, anche se non stiamo parlando di insoddisfazione esistenziale ma bensì di depressione, che è una patologia complessa, conosciuta dal mondo femminile ma misconosciuta e sottovalutata nella sua importanza clinica.
La transitorietà di molti di questi segnali denota solo la capacità della donna di rialzarsi nonostante possa soffrire di stati dolorosi cronici.
Infatti, il disagio nel tono dell’umore è molto spesso associato a dolori fisici di vario genere, come i dolori muscolo–scheletrici, che coinvolgono la schiena e la cervicale; come le cefalee da tensione, che spesso diventano opprimenti; nonché il calo di appetito, i disturbi intestinali e la riduzione di interesse per l’attività sessuale.
Riconosciamo i segnali di esordio dei disturbi depressivi nella stanchezza persistente associata a un calo di interesse per le faccende quotidiane, nella cura della propria persona, nell’indolenza con cui vengono affrontati gli interessi fino al giorno prima ricercati, nel constatare un tipo di pensiero pessimista e buio, un’improvvisa tendenza a piangere anche per cose di poco conto e nella alterata modulazione delle emozioni che diventano improvvise e disforiche nella loro dimostrazione con la difficoltà a focalizzare e concentrare il pensiero verso le azioni nel momento in cui si compiono. Si lamenta la mancanza di progettualità per il futuro, lo si teme. Si riscontrano risvegli precoci e un’alterazione importante nel ritmo sonno–veglia, il rallentamento motorio diventa frequente e destabilizzante.
Se si ritrovano parte di questi sintomi – che comunque non dipendono da particolari e recenti eventi stressanti che hanno generato alterazione emotiva –, e se alcuni di questi sintomi si protraggono almeno da due settimane con durata persistente durante la giornata fino a modificare lo stile di vita quotidiano, diventa necessario per la donna rivolgersi al medico che effettuerà la conseguente diagnosi.
E’ importante per la donna di oggi sapere che la depressione è una malattia ormai curabile con successo soprattutto se presa in tempo e con le terapie adeguate. Pensare che passerà da sola e con la sola forza di volontà è un errore non trascurabile. Lo sfinimento della cronicità di una depressione non curata adeguatamente, curata parzialmente se non addirittura trascurata, può avere degli effetti invalidanti in molti settori dell’esistenza con costi economici elevati.
Quando il cuore ne risente
All’interno del quadro clinico finora presentato si inserisce ora l’allarme dato dai medici cardiologi, frutto di recenti riscontri su quella parte della popolazione femminile che ha subito un infarto del miocardio.
Gli studi partono dall’osservazione che le pazienti avevano avuto una storia pregressa di depressione maggiore e di disturbi depressivi importanti e ricorrenti.
In passato l’ipotesi di una correlazione tra depressione e rischio cardiovascolare è stata ampiamente sostenuta dagli studiosi che si occupavano di ricercare nessi e interazioni tra malattie fisiche e disturbi del sistema nervoso centrale, in quanto nella depressione lo stato immunologico della persona è alterato quanto quello neurologico.
Le conseguenze di questa alterazione psiconeuroimmunologica si ripercuotono nello stato del cuore e ne influenzano la salute al pari di altri fattori di rischio, da sempre considerati importanti, come il fumo, l’obesità, la qualità del colesterolo, il diabete, la mancanza di regolare esercizio fisico nonché l’assunzione massiccia di farmaci e di ormoni.
Dunque, prediligendo fasce d’età specifiche – nelle donne dai 45 anni in poi – e con assenza sia di patologie come quelle appena descritte e con un sano stile di vita, si è riscontrato che il fattore determinante è proprio lo squilibrio immunitario presente nella depressione, che altera in modo significativo la biochimica naturale con effetti diretti sull’attività del cuore.
E’ necessario, inoltre, tener presente che la differenza costituzionale tra uomini e donne è un elemento che rivaluta una accurata medicina di genere e ne potenzia gli interventi preventivi anche per quelle malattie che si consideravano simili, nei sintomi come nel decorso, per gli uomini e per le donne.
L’infarto del miocardio non ha le stesse caratteristiche negli uomini e nelle donne e per quest’ultime i segnali di esordio sono molto più difficili da distinguere se ci si basa sui sintomi classici.
Nello stesso tempo, lo scarso impegno della donna verso la propria salute viene riscontrato anche dai cardiologi che denunciano la difficoltà delle stesse a svolgere esami di controllo e riabilitazione cardiologica post infarto con conseguenti pericoli di ricadute.
Nei limiti, dunque, di questo articolo informativo, possiamo affermare che la nuova frontiera della medicina di genere ci spinge a non sottovalutare le differenze ma a considerarle come preziose e questo fa sì che occupandoci della nostra salute complessiva possiamo ricercare proprio l’assistenza e le cure adeguate alla nostra condizione di genere.
Dalla diagnosi alla cura
Con le dovute eccezioni soggettive, possiamo affermare che l’attenzione della donna ai propri e altrui stati emozionali come fosse un leitmotiv esistenziale, la facilita nell’osservare e riscontrare cambiamenti sostanziali e comportamentali nella conduzione emotiva e pratica del quotidiano.
Dunque, nonostante nei disturbi dell’umore a sfondo depressivo, una delle prime cose che si riscontrano sia relativa all’improvvisa mancanza di senso e di affetto verso se stessi, verso la realtà oggettiva, nonché verso i propri cari, proprio la donna coinvolta potrebbe non negare a se stessa l’avvento di questa fagocitante tristezza patologica; e su questa base diventa importante richiedere una visita di controllo dal proprio medico di famiglia che dopo aver escluso l’acuirsi o l’insorgere di altre patologie fisiche, che potrebbero interagire con l’equilibrio del sistema nervoso centrale, dirigerà la paziente dallo specialista in psichiatria.
Lo psichiatra effettuerà una adeguata diagnosi distinguendo sia la gravità e sia il genere di disturbo depressivo riscontrato.
Nella cura della depressione maggiore come degli altri disturbi dell’umore a sfondo depressivo, i farmaci sono necessari per ristabilire il tono dell’umore ma devono essere mirati e specifici in base ai sintomi che la diagnosi rileva, la prescrizione non è casuale e rappresenta la cura, quindi un lasso di tempo, nelle modalità e con visite di controllo che stabilisce esclusivamente lo psichiatra.
A questo proposito, si stima che circa l’11% delle donne e circa il 5% degli uomini siano in cura con antidepressivi spesso prescritti dai medici generici e senza che si sia distinto tra stati di sofferenza transitori e vere e proprie condizioni patologiche; il medico di famiglia avrà piuttosto il prezioso compito di monitorare l’andamento fisiologico globale della donna durante il decorso della malattia.
Dalla medicina di genere, ci arrivano le indicazioni attuali da valutare attentamente: le indicazioni cardiologiche vanno monitorate attraverso visite di controllo ed esami clinici specifici come l’elettrocardiogramma, svolti periodicamente.
Inoltre, il medico di famiglia valuterà tutti quei comportamenti a rischio, come il fumo, l’obesità e la mancanza di regolare esercizio fisico, da tenere sotto dovuta osservazione anche in questa debilitante malattia.
Quindi, è bene che l’affidarsi della donna sia congruo, che non si accontenti di approssimazioni solo per evitare confronti e per fretta di voler risolvere.
Il rischio è un tempo di assunzione dei farmaci improprio, risorse economiche sprecate e rischio concreto di cronicizzare la malattia.
Nella depressione, infatti, la cronicizzazione può cambiare in modo incisivo sia la visione della vita che l’andamento concreto di essa in quanto in agguato c’è l’andamento del tono dell’umore che non aiuta nella spinta vitale energetica e propositiva.
Il rischio è una progressiva rinuncia a poter vivere bene con una profonda, sofferta ma anche anomala nostalgia di quando si percepiva in sé l’interesse, l’amore per la propria vita e per i propri cari, quando la sfida per la vita andava di pari passo con il senso emozionale.
Una volta che il tono dell’umore si è stabilizzato con la cura farmacologica, il protocollo attuale nella cura dei disturbi depressivi prevede l’inizio di una psicoterapia che accompagni la donna nella risalita verso il benessere, aiutandola a riqualificare i bisogni, le motivazioni e quegli aspetti della sua vita che la malattia ha comunque messo in una diversa luce.
Durante il percorso psicoterapeutico, il grado di introspezione e il metodo clinico usato facilitano l’osservazione e permettono, poco per volta, il cambiamento dei pensieri disfunzionali e del profondo senso di inadeguatezza che accompagna i pazienti depressi; nello stesso tempo, la psicoterapia consente alla persona di integrare pazientemente le sue nuove risposte di visione della vita.
È bene che si sappia che questa riabilitazione personale e sociale è necessaria soprattutto se il tempo intercorso nella malattia è stato considerevolmente lungo, tenendo in dovuta considerazione che iniziare a curarsi adeguatamente dall’esordio della malattia predispone ad una prognosi favorevole anche a distanza di tempo.
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Bibliografia e fonti:
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° Franconi F. “ La salute della donna. Un approccio di genere” Edizioni Franco Angeli, Milano, 2010
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° Shuchter S R., Downs N., Zisook S. “La depressione. Conoscenze biologiche e psicoterapia” Cortina Editore, Milano, 1997
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Dr.ssa Anna Mostacci
Psicologa Psicoterapeuta in Roma
E-mail: anna.mostacci@gmail.com
Sito web: http://www.annamostaccipsy.sitiwebs.com
Presente nell’Elenco Specialisti di Nienteansia .it
Presente ne “Il Libro di Nienteansia”