TMC (Terapia con la mediazione del cavallo) e DDAI (disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività/impulsività)

Non esistono molti studi sull’evidenza dell’efficacia di interventi terapeutici a mediazione animale – ed in modo particolare con la mediazione del cavallo – nel trattamento dei disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività ed impulsività.

Esistono al contrario molte osservazioni e sicuramente c’è molta concordanza di valutazione sul fatto che non si esaurisce la presa in carico nell’intervento farmacologico ma che c’è assolutamente bisogno di una integrazione di interventi di tipo diverso e studiati ad hoc per la specifica situazione presentata dal bambino o dall’adulto che presenta questa problematica. Gli sforzi per una ricerca in tal senso dovrebbero essere maggiori da parte di tutti noi nel prevedere degli obiettivi e valutarne i risultati raggiunti. Trovare inoltre un luogo di scambio di informazioni e dati per poter arrivare così ad una più corretta conoscenza del DDAI e ad un più utile intervento terapeutico.

Sicuramente la metodologia terapeutica che vede in campo la mediazione dell’animale come per esempio il cavallo non ha bisogno di dimostrare la sua efficacia terapeutica in generale ne tanto meno per diversi disagi, problemi comportamentali, cognitivi e sensoriali per i quali esistono oramai molte ricerche a livello mondiale ed anche nel nostro Paese a dimostrarne la sua efficacia. Questo non significa che non occorra comunque continuare ad approfondire l’approccio comunque per problemi specifici man mano che cresce e si arricchisce la conoscenza di psicopatologie e varie situazioni di handicap di diversa natura. Questo è molto vero nel caso del DDAI, per tutte le polemiche ed i contrasti che esistono sia a livello diagnostico ed ancor più a livello terapeutico.

L’intervento della TMC (terapia con la mediazione del cavallo ) comunque è un intervento trasversale a diversi problemi, situazioni di handicap, psicopatologie. Offre dunque il grande vantaggio di essere in qualche modo adeguata – vale a dire che permette all’operatore – di poter lavorare sugli aspetti che – da tutto un percoso diagonisto e valutativo – vengono ritenuti più importanti da affrontare e trattare nell’intervento con il cavallo. Esistono comunque intervento effettuati con la mediazione animale per il trattamento del DDAI, per esempio al centro per le cefalee del S. carlo di Nancy a Roma. Questi interventi concludono si concludo complessivamente con un miglioramento netto delle caratteristiche di iperattività nel bambino con DDAI, tanto da poter diminuire nettamente l’intervento farmacologico e per alcuni arrivare anche ad una cura del problema. E’ utile in questi casi poter visionare i dati a disposizione. Trattasi in questo caso di un intervento sperimentale messo in atto dal centro sopraccitato e con delle diagnosi – per alcuni bambini di DDAI – secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

L’intervento con il cavallo in questo tipo di problematica si snoda nel tempo attraverso i giochi relazionali tra il bambino il cavallo e l’operatore. Vediamo quali sono i meccanismi ed i processi terapeutici in questo caso.

  1. Un primo aspetto importante a mio avviso nel trattamento di una problematica come il DDAI ci viene proprio dal modello di azione tipico di questo tipo di intervento. Prendendo in considerazione cinetica e dinamica fusionale del binomio uomo-cavallo quest’ultimo assume un ruolo di simulatore del sistema bio-dinamico dell’uomo, in questo caso del bambino. L’uomo cammina per mezzo del movimento deambulatorio del cavallo grazie al parallelismo strutturale e funzionale, all’uomo vengono trasmesse le afferenze tridimensionali corrette; seguendo i canali sensoriali che trasmettono al SNC delle informazioni propriocettive, esterocettive, somatoestesiche, vestibolari, labirintiche. Importante a questo punto è proprio la regolarità e la cadenza-ritmicità alla quale è sollecitato continuamente ed intimamente il soggetto. L’integrazione di queste afferenze sappiamo quanto è importante nella costruzione e strutturazione del mondo esterno e di conseguenza di una differenziazione e costruzione di uno spazio interno del bambino. Conosciamo anche l’importanza che questo assume nella organizzazione spaziale dei dati verbali nella codificazione del linguaggio e nonché del pensiero. Nella sintesi immediata che questo processo comporta permette alla persona in questione di organizzare immediatamente la sequenzialità del gesto nei rapporti di spazio e tempo. Man mano che il trattamento procede la persona in questione è messa nelle condizioni migliori per un migliore controllo e gestione dei suoi pensieri e dei suoi atti

2. Altro aspetto importante è quello delle regole. L’elemento comune e fondamentale della DDAI viene in letteratura riconosciuto in un disturbo primario, dell’attenzione e della capacità del soggetto a selezionare gli impulsi e le informazioni di origine ambientale e di rispondere agli stessi con attività modulate e differenziate. Le regole permettono il gioco, e nel setting tipico di questo tipo di interventi di regole ce ne sono con la differenza che sono chiare, non vengono mai smentite (non è possibile smentirle), sono poche soprattutto nel senso che non è possibile conoscerle ed applicarle contemporaneamente tutte e nello stesso momento o anche in una sequenza lineare che non rispetti dei tempi ed una ritmicità. Le regole inoltre del setting sono per alcuni aspetti anche molto meno rigide di qualsiasi altro setting terapeutico.

3. Un ulteriore elemento è nella esperienza immediata, lineare e totale di risposta empatica che il bambino riceve soprattutto nella fase piu’ passiva del processo terapeutico (ippoterapia). Il cavallo porta il bambino rispondendo continuamente al suo assetto e alla sua coordinazione psico-motoria. Sollecitando egli stesso il migliore assetto comunicativo possibile ma assecondando nello stesso tempo quello della persona che lo cavalca. Possiamo riferire tranquillamente di questo facendo anche riferimento al concetto e all’esperienza di holding. E’ possibile ritrovare in questo senso calore del corpo del cavallo, morbidezza, l’ascolto e l’accoglienza che passano attraverso il dialogo tonico e intimo tra il cavallo ed il bambino. Sappiamo quanto sia importante la dinamica e l’esperienza dell’ascolto in una problematica come quella del DDAI

4. Simultaneamente nella cavalcatura, il bioritmo della persona subisce profonde modificazioni nel momento in cui vengono proposte andature grazie a caratteristiche morfologiche e funzionali dell’andatura del cavallo. Andature che presentano un certo numero di cicli di movimenti al minuto più o meno tra i 40 ed i 60 cicli al minuto, si è potuto notare che permette di ottenere un ottimo effetto sedativo, tranquillizzante detto anche “antipsicotico”. Si creano in questo modo le condizioni di base per poter ulteriormente lavorare con il bambino e il cavallo in tutta una serie di giochi relazionali.

5. Un altro grande meccanismo e processo terapeutico utilizzato nell’intervento con i bambini con problematiche da DDAI è il beneficio di una più che buona alleanza terapeutica. E’ proprio sulla base di essa e sulla automotivazione che bisogna mantenere molto alta ed attraverso dunque il principio di piacere che si struttura e si organizzano tutte le richieste ed i giochi relazionali tra il bambino ed il cavallo. E’ sulla base di essa che il bambino si concede di scendere continuamente a patti o mediare in modo più efficace con la realtà del cavallo e le richieste dell’operatore. In questo tipo di intervento non si sono mai avute – o meglio è molto difficile – che il bambino non sia motivato ad avvicinare ed incontrare oltre che lavorare con il cavallo. In genere le paure si è potuto osservare sono degli adulti.

6. Sulla base della buona alleanza e delle forte legame tra bambino e cavallo si possono così strutturare giochi relazionali sempre più strutturati ed impiegando le tecniche cognitivo-comportamentali, gli approcci umanistici ed espressivi alla gestione della relazione è possibile iniziare a confrontarsi con le regole della interazione con il cavallo. Interazione che avviene sia da terra che quando il bambino è sulla schiena del cavallo, passando oltretutto da una modalità di comunicazione prevalentemente prossemica, ad una modalità prevalentemente di dialogo tonico. Nella costruzione dei giochi relazionali si può presentare dapprima al bambino il lavoro o l’esercizio da svolgere con il suo compagno, poi lasciarglielo eseguire, premiarlo per ciò che ha eseguito. In questa semplice sequenza inoltre si inseriscono in realtà tutta una serie di interventi per il bambino, ma, che sono dettati necessariamente anche dalle caratteristiche etologiche del cavallo. In sintesi, con questo animale non umano non si può per esempio eseguire più di una azione per volta, così come per esempio è necessario presentare anche al cavallo prima l’esercizio altrimenti potrebbe spaventarsi e rifiutarsi di collaborare, così come non si può far eseguire sempre lo stesso gioco o esercizio altrimenti il cavallo si annoia – relativamente ai suoi tempi di attenzione – e non risponderebbe prontamente agli stimoli comunicativi del bambino, ed ancora non si può eccessivamente stimolare il cavallo con un eccessivo cambiamento di situazioni introducendo molte novità ed improvvisamente poiché per questo potrebbe ulteriormente spaventarsi e rompersi la possibilità comunicativa con il bambino. Gli aspetti sono tanti e diversi ma mi fermo qui. Possiamo notare come molti di essi coincidano con alcune indicazioni psico-pedagogiche della carta dei diritti del bambino.

7. Altro meccanismo o meglio processo importante che viene molto poco utilizzato in questo tipo di interventi è la possibilità di creare uno spazio ed un luogo espressivo e creativo in cui il bambino possa esprimere ulteriormente tutto quanto ha vissuto e vive rispetto al cavallo. In questo modo si può ulteriormente lavorare sui vissuti e sui prodotti immaginifici e simbolici del bambino integrandoli con tutti quegli aspetti più strettamente cognitivi e comportamentali sopra citati. Potersi rivedere in video è per questi bambini molto utile, poiché questo permette una ulteriore stimolazione dei processi metacognitivi e un influenza maggiore sulla percezione dell’immagine di sé.

8. Altro aspetto fondamentale è la possibilità di lavora con i cavalli in gruppo, insieme con altri bambini o adulti.

9. Ultimo e non meno importante elemento è la possibilità di poter far partecipare i genitori anche se solo marginalmente. Questo diventa successivamente motivo di collaborazione e di intervento (parent training) per la famiglia. Ancora molto utile è la possibilità di far riportare e raccontare tutto quanto a scuola dal bambino stesso e con diversi mezzi. Non sempre e per tanti motivi questo, è stimolo di ulteriore collaborazione con la scuola e di costruzione di una rete di sostegno e terapeutica per il bambino.

L ’intervento a mediazione animale si prospetta come un intervento complesso, complessivo, ed olistico comprendendo con questo la dimensione individuale e soggettiva del bambino, direi unica. Inoltre vorrei ribadire che probabilmente la base di un intervento di questo tipo ha le sue radici in una struttura teorica psico-neuro-biologica ed ecologica, proprio secondo il pensiero del noto studioso Gregory Bateson.