Anche un po’ di depressione è troppo

Dopo essersi dedicati alle cose e alle persone amate, dopo aver portato a compimento i progetti mondani, dopo aver collezionato successi e fallimenti, sopraggiunge il momento della meditazione sulla propria vita, cercando di cogliere in essa un ordine e un significato all’interno di un ordine e di un senso più vasti e trascendenti. E’ il momento dell’affermazione dignitosa della propria individualità e del proprio stile esistenziale, che si riconosce diverso da quello degli altri, con cui si mantiene un rispettoso rapporto di tolleranza, ma senza avere il bisogno di essere accettati e di piacere. La propria diversità e il senso di compiutezza della propria persona, costituiscono il patrimonio dell’anima di ogni individuo che abbia raggiunto questa fase del ciclo vitale. Subentra però a questo punto anche la disperazione rispetto all’esistenza propria e alla vita in generale, che ci mette di fronte alla cruda realtà della morte. I bilanci esistenziali sono infatti momenti drammatici, in cui si cede alla potente tentazione di rimpiangere ciò che non è stato e che invece avrebbe potuto essere, si prova nostalgia per un passato che crediamo migliore di quanto in realtà sia stato, poiché viene ammantato di ideali e di desideri inappagati, si realizza che la propria vita è andata secondo certe direttive consce e inconsce e non c’è più tempo e più modo di rimediare e di cambiare. Sono momenti di intensa solitudine in cui la realtà della morte induce un sentimento di separazione e di allontanamento da tutto e tutti. E’ qui che si instaura una forma di depressione relativamente forte!

La depressione colpisce più di 34 milioni di persone di tutte le età ogni anno. Si afferma che le stime di prevalenza di sintomi depressivi clinicamente rilevanti varia dal 10% al 15%. Un dato allarmante visto che, con l’invecchiamento della popolazione, tenderà ad aumentare (Sexton et al., 2012). La depressione a esordio tardivo si riferisce a uno stato che si verifica per la prima volta in una persona anziana (dopo i 65 anni). Anche se quest’ultima non è una parte normale del processo di invecchiamento, può sopraggiungere e deve essere trattata o può portare a disabilità e aumento della mortalità. Essa colpisce tutto il corpo, così come l’umore e pensieri. Di seguito è riportato un elenco dei più comuni sintomi, secondo il National Institute of Aging:

• Una sensazione di “vuoto”, tristezza continua e ansia

• Stanchezza, mancanza di energia

• Perdita di interesse o piacere nelle attività quotidiane, compreso il sesso

• Problemi di sonno, tra cui difficoltà a prendere sonno, risveglio la mattina molto presto e / o dormire troppo

• Mangiare più o meno del solito

• Piangere troppo spesso o in maniera continua

• Dolori che non vanno via quando trattati

• Difficoltà a mettere a fuoco, a ricordare, o a prendere decisioni

• Sensazione di colpevolezza, impotenza, inutilità, o mancanza di speranza

• Essere irritabile

• Pensieri di morte o di suicidio; un tentativo di suicidio

Tuttavia, i sintomi della depressione possono spesso essere trascurati e vanno trattati quando si sovrappongono con altre condizioni di salute fisica o eventi di vita che comunemente si verificano con l’avanzare dell’età.

Oltre a questi sintomi, geriatri, psicologi e psichiatri usano delle valutazioni particolari, come il Beck Depression Inventory e la Geriatric Depression Scale, per la diagnosi di depressione negli anziani. Quando si effettua una diagnosi di depressione, altre cause mediche dovrebbero essere escluse attraverso prove di laboratorio, come ad esempio uno screen generale del sangue, analisi delle urine, elettrocardiogramma, ecc. poiché la sintomatologia del nucleo affettivo potrebbe essere erroneamente interpretata come espressione di una patologia organica.

Gli esatti cambiamenti nella chimica e nella funzionalità del cervello che causano questo tipo di depressione sono sconosciuti. È noto, tuttavia, che i cambiamenti del cervello possono essere innescati da alcune forme di stress (fattori esogeni) che viviamo durante la vita come perdita del ruolo sociale ed economico (pensionamento, esclusione dai ruoli significativi, cessazione di attività remunerate e gratificanti ecc.), perdita della salute e dell’autosufficienza ( invecchiamento fisiologico e patologie acute e/o croniche), perdita da lutto (vedovanza, perdita di persone care) e non ultimo perdita del rapporto col contesto sociale (veloci cambiamenti produttivi, mancanza di strumenti culturali adeguati, inadeguatezza dei sistemi assistenziali ecc.).

Perché questa fase non sfoci in questo tipo di depressione è importante integrare la virtù della saggezza, che permette di accettare il limite della propria esistenza e dell’esistenza in generale, di guardare con distacco alla vita e alla morte e di conservare l’integrità del proprio patrimonio esperienziale. Questo atteggiamento permette di recuperare nella vecchiaia una certa vitalità e gaiezza e di vivere gli aspetti positivi di un’età che ci vede, o che dovrebbe vederci, integri, compiuti e completi, ormai fuori dall’assurdo gioco della vita, e quindi parzialmente liberi. Parzialmente poiché credo che in questa fase la paura della morte dilaghi a macchia di olio su di noi, e la relativa contro-forza a resistere si faccia sempre più debole.

 

1 commento su “Anche un po’ di depressione è troppo”

  1. La depressione è una condizione importante che si può affrontare. Si tratta di un percorso non ci si sveglia all’improvviso depressi, quindi è molto quello che si può fare per evitare di arrivare ad un vero e proprio ritiro depressivo.
    Il momento dei bilanci può essere difficile se la nostra vita è stata poco gratificante, ma positivo se invece le cose non sono poi andate così male.
    È importante chiedersi lungo il percorso, che vita voglio vivere?
    E fare ciò che sentiamo di fare nel rispetto di noi stessi e degli altri, per non arrivare al momento dei bilanci con un debito insanabile nei confronti di noi stessi e della nostra vita.

I commenti sono chiusi.