La problematica della dipendenza affettiva è recente. E’ stata messa in evidenza da un libro della psicologa americana Robin Norwood “Donne che amano troppo”.
Anche in psicanalisi nel 1945 si introduceva il termine amore dipendente per indicare persone che hanno bisogno dell’amore come altre del cibo o della droga.
La dipendenza affettiva è un problema grave. Esempi di tale dipendenza: quando non ci piacciono il carattere del partner, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuose, disponibili, lui cambierà per noi. Quando la relazione con il partner mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un’infanzia infelice e cerchiamo di comprendere e sostenerlo.
Nella dipendenza affettiva, è l’altro l’oggetto della dipendenza, non si può fare a meno del partner; si sta bene, si è felici, tranquilli e rilassati solo quando lui è presente. Quando il partner è lontano si prova tristezza, angoscia per la paura che non torni, nervosismo, si vive nell’attesa.
Il dipendente fa di tutto per avere la presenza dell’amato, inventa situazioni, ricorre anche a malessere o tentati suicidi nei casi più disperati.
La dipendenza affettiva colpisce sopratutto il sesso femminile, in tutte le fasce d’età. Le donne dipendenti hanno una pessima stima di sé, sono insicure, svalutano le proprie capacità anzi, sono convinte di non averne, si sentono inadeguate, hanno la convinzione di non poter esistere e farcela da sole senza appoggiarsi ad un uomo. Sono donne che non si amano e che non nutrono rispetto per se stesse.
La dipendenza affettiva presenta alcune specifiche caratteristiche:
- l’”ebbrezza”. Il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione col partner, che gli è indispensabile per stare bene;
- la “dose”. Il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner;
- “astinenza”. La mancanza dell’altro fanno cadere in uno stato di tristezza, malessere psicofisico e nervosismo. Le normali attività quotidiane vengono trascurate o svolte con fatica. Il pensiero è dedicato in modo ossessivo al partner.
L’altro è visto come l’unica forma di gratificazione della vita. L’unica cosa importante è il tempo trascorso insieme perché è la prova della propria esistenza, senza l’amato non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza il partner .
Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa, estraniandosi dal resto del mondo.
Esistono momenti in cui la persona diviene consapevole di essere in uno stato di dipendenza e ciò le procura notevole disagio e vergogna, perché vive nell’attesa, nella rinuncia a se stessa, alla propria vita, ai veri bisogni. Ma, questo momento di consapevolezza viene repentinamente messo da parte: subentrano le convinzioni di non farcela ad uscirne e di non poter fare a meno dell’altro. In realtà si ha paura del cambiamento. Quindi, ogni passo verso l’uscita dalla propria dipendenza si blocca o fa fatica a proseguire.
Nel soggetto affetto da tale tipo di dipendenza è possibile rintracciare una sorta di amore – odio verso l’oggetto amato: amore perché senza di lui non è possibile stare; odio per il dolore che si prova in seguito alle umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti e quanto altro si subisce.
La mia esperienza di psicologa con donne dipendenti affettivamente, mi porta a scrivere, che un percorso terapeutico abbinato alla grande motivazione a credere in se stesse e nelle proprie capacità può curare, portando all’indipendenza, all’autonomia e all’amare in modo sano.
A cura della Dr.ssa Teresita Forlano
Psicologa, Sessuologa, specialista in Psicoterapia