Comunicare con efficacia nell’epoca dello spread – 3

“ Poiché le crisi di cui ci occupiamo oggi avvengono in effetti – e questa è la novità – in una società essa stessa in crisi. Detto altrimenti, cosa succede quando la crisi non è più l’eccezione alla regola, ma è essa stessa la regola nella nostra società ? “.

M. Benasayang, G. Schimt, “ L’epoca delle passion tristi “, Universale Economica Feltrinelli, p. 13.

 

Un individuo o un’intera collettività, se vivono in una dimensione temporale compressa sul presente, sono in crisi. Anzi sono “ la crisi “. Vale a dire che non si trovano ad affrontare un problema che, per quanto complesso sia, resta comunque esterno e semmai legato a circostanze del momento. Quando un individuo o un’intera collettività si percepiscono privi di futuro, dunque nell’impossibilità di progettare, essi stessi rappresentano “ il problema “.Essi vivono, a volte inconsapevolmente, un disagio e lo manifestano, spesso altrettanto inconsapevolmente, mediante comportamenti minimi e quotidiani, dunque non necessariamente eclatanti, ma che comunque riflettono l’assenza di progettualità. Specifichiamo, qualora ce ne fosse bisogno, che non ci stiamo riferendo ad alcuna forma di patologia bensì a qualcosa che accade a persone cosiddette “ normali “ che, però, vivono una condizione poco “ normale “.

Detto questo, è pur vero che non è certo chissà quale novità parlare di crisi e in particolare di “ crisi del futuro “.

Come già accennato negli interventi precedenti, la compressione sul  presente infatti è una segno peculiare della società post – moderna relegata nella dimensione del “ tempo reale “, e dunque di un’eterna “ diretta “, da quella stessa tecnologia mediale che è sia origine che conseguenza della post – modernità. Il concetto che intendiamo qui affermare, in modo specifico, è che proprio la crisi economica ha oggi non acuito questa condizione, che può ormai essere definita “ umano – esistenziale “, ma l’ha resa trasparente, a chi più e a chi meno.

Il segnale di natura emotiva di tale condizione è un complesso di pensieri ed emozioni negativi che si può riassumere attraverso il termine “ sfiducia “ ed anche “ scetticismo “. Non è tanto una questione di non credere nel valore di ciò che si sta facendo o che si dovrebbe fare ( nel lavoro, negli affetti, nelle amicizie, ecc. ) ma di non ritenere utile impegnare più energie di quelle necessarie a produrre effetti oltre quelli realizzabili nell’immediato. Non si tratta nemmeno, per esempio, del classico “ non vale la pena studiare “ o “ a che serve darsi da fare più di tanto … “. Ci riferiamo, infatti, ad una forma di sfiducia / scetticismo alquanto originale a cospetto della quale le metodologie motivazionali standard funzionano poco. Anche perché la condizione di cui stiamo trattando appartiene tanto al motivatore / formatore / consulente / docente che a colui o coloro che sono da motivare.

Insomma siamo tutti sulla stessa barca che naviga ( chi tiene il timone ? ) alla ricerca di un approdo.

E’ questa l’ immagine che ci pare rispecchi, oggi, la condizione che vive il formatore o il counselor o il docente.

La domanda, perciò, diventa : come motivarsi per motivare ? In che cosa consiste, specificatamente, quella variabile emotivo-cognitiva ( scetticismo, sfiducia, ecc. ) con cui la comunicazione deve confrontarsi per essere efficace e motivante ( oltre che auto – motivante ) ?

 

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Alfonso Falanga
Formatore e Counselor
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