Una signora, interessata al mio modello, disse di avere molti problemi. Le feci scegliere il più grave e immediatamente alzò gli occhi in alto a destra, un’immagine costruita. Riferì di avere il problema da diverso tempo. Le spiegai che l’emisfero destro per memorizzare un’immagine impiega meno di un decimo di secondo e, nonostante fosse già trascorso quel tempo, il suo cervello non lo aveva ancora fatto. Probabilmente, l’immagine possedeva delle submodalità anomale che, una volta inviata nell’emisfero destro, avrebbero generato delle somatizzazioni nel tempo e perciò l’emisfero le aveva riconosciute e impedito il trasferimento.
Un problema, serio, sarebbe stato quello di un mancato riconoscimento e di un invio irregolare, anche se la cosa poteva essere risolta con un’estrazione e correzione a livello dell’emisfero dominante e di un nuovo invio in memoria.
Per costruirsi il problema, in ogni modo, era costretta ad un certo dispendio d’energia: doveva ripetere in qualsiasi momento della giornata, in ogni istante, la stessa immagine, altrimenti questa sarebbe svanita, sia perché nell’emisfero sinistro ci si trova a memoria zero sia per l’entrata in azione di un correttore naturale.
Si trattava di un’immagine a distanza normale, ma due elementi erano rappresentati in modo inconsueto: la sua immagine più piccola e quella di una seconda persona più grande del normale. Quando le feci allontanare l’immagine i due elementi rimasero inalterati e la cosa fu insolita perché la distanza fa diminuire le dimensioni. A quel punto le consigliai di ingrandire la sua figura e rimpicciolire l’altra persona e subito riferì di non avvertire più noie.
Provai a farle allontanare nuovamente l’immagine, ma dopo aver spostato gli occhi in alto a sinistra (immagine ricordata), spiegò di non avere più problemi. La nuova immagine, arrivata in memoria, non le avrebbe causato conseguenze future, ma solo un ricordo di scarsa importanza (Tratto da Elia Tropeano, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna, cfr. pp. 72-73).