Disturbo Post-Traumatico da Stress

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”.
Confucio (551-479 a.C.)

Per apprendere bisogna provare, è importante sperimentare, fare l’esperienza diretta, se vuoi guidare una macchina non lo puoi fare ascoltando solamente la teoria, è necessario mettersi al volante e condurre l’autovettura.

La piramide dell’apprendimento

Edgar Dale, nel 1946, si è reso conto che non tutti i mezzi hanno la stessa probabilità di creare momenti di apprendimento. Dale riassume il suo pensiero attraverso la piramide di apprendimento, detta anche cone of experience. Alla base troviamo le esperienze dirette  mentre in cima alla piramide troviamo i simboli verbali. Se attraverso la lettura la probabilità di assimilare contenuti è circa del 10% attraverso esperienze dirette la probabilità si avvicina al 90%.

Gli strumenti relativi alla parte alta della piramide possono essere classificati come strumenti di passive learning,  ossia di apprendimento passivo, in cui la persona non si mette in gioco.

Alla base della piramide, invece, gli strumenti possono essere assimilati alla categoria di active learning, ossia di apprendimento attivo, in cui la persona apprende poiché utilizza la sfera emozionale.

Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana definisce il trauma una “lesione determinata dall’azione violenta di agenti esterni: le ferite, le contusioni, le ustioni sono traumi” e il trauma psichico “un’emozione che incide profondamente sulla personalità del soggetto”


Per il DSM IV, 1994 il trauma è “Un evento vissuto al di fuori della norma, estremo, violento, lesivo, che minaccia o ferisce l’integrità fisica e psichica di un singolo o di un gruppo di persone; in genere richiede uno sforzo inabituale per essere superato”.

Si può considerare il trauma da due diversi punti di vista

Se si considera l’aspetto oggettivo, si valuta prevalentemente la drammaticità intrinseca all’evento.

Esistono eventi come l’abuso o la tortura, per esempio, che sono esperienze dolorose e insostenibili per chiunque le subisce, e che si connotano come esperienze oggettivamente traumatiche;

Se si considera la dimensione soggettiva l’attenzione si sposta dall’evento al soggetto dell’evento.

In questo caso è decisivo il modo individuale di elaborare l’evento traumatico.

Non ci sono due persone che provino o manifestino il trauma esattamente allo stesso modo. Quel che risulta nocivo per una persona può essere stimolante per un’altra.

I sintomi dello stress si possono annullare rimuovendo le cause dello stress ed alleviare.

Il trauma, al contrario, è una sostanziale frattura. Ha a che fare con la perdita di contatto con noi stessi, la nostra famiglia e il mondo intorno a noi. Questa perdita è spesso difficile da riconoscere, poiché ha un andamento lento, di lungo periodo.

Sintomi specifici nell’ordine di comparsa

Ipereccitazione. I segni più comuni sono fisici – accelerazione del battito cardiaco, difficoltà di respirazione, sudori freddi, formicolio, tensione muscolare , preoccupazione.

Contrazione. I vasi sanguigni della pelle, le estremità e gli organi interni si contraggono per poter inviare più sangue ai muscoli, che sono tesi e pronti per l’azione difensiva

Dissociazione. Woody Allen ha detto: “Non ho paura di morire. Semplicemente, non voglio essere presente quando avverrà.” E’ un mezzo comune per sopportare esperienze che sono, in quel momento, otre ogni sopportazione.

Negazione. Questa è una forma di dissociazione. Possiamo negare che un evento sia accaduto o possiamo comportarci come se fosse irrilevante.

Sensazioni di impotenza, immobilità o irrigidimento. E’ la sensazione di essere completamente immobilizzato e impossibilitato ad agire. Non è pura percezione, convinzione o fantasia. E’ reale. Il corpo si sente paralizzato.

Il Disturbo Acuto da Stress può essere visto come una categoria preliminare del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS), sua potenziale anticamera.

I disturbi principali sono sintomi della serie ansiosa e sintomi di tipo dissociativo che compaiono entro 1 mese dall’esposizione ad un evento stressante. La durata del DAS è tra 2 giorni e le 4 settimane. Se persiste oltre, si entra nel DPTS. Più raramente il quadro clinico si evidenzia ad una certa distanza di tempo che, se supera i sei mesi dall’evento, fa definire il DPTS come “ad esordio ritardato”.

Uno studio su civili sopravvissuti ad eventi traumatici in Israele rilevando come il 39% dei pazienti sviluppava un DPTS entro un mese dal trauma, il 17% dopo 4 mesi dall’esposizione e solo il 10% dopo un anno.

Una prima descrizione dettagliata del PTSD era stata fatta nel 1861 sui reduci della guerra civile americana i cui dolori toracici e palpitazioni venivano considerati come sintomi di un disturbo cardiaco funzionale, definito come il “cuore del soldato”

I sintomi ansiosi rilevati nei militari al fronte, durante la prima guerra mondiale, furono definiti “shock da battaglia” (shell shock) e posti in relazione a lesioni del Sistema Nervoso Centrale, ipotesi sostenuta dai neurologi per lungo tempo.

Incubi frequenti, insonnia, soglia dell’aggressività sempre al limite, comportamenti violenti e autodistruttivi.

Sono i primi sintomi di un disturbo successivo a un’esperienza traumatica, e quella della guerra lo è per eccellenza.

E’ la Sindrome da Stress Post Traumatico, meglio conosciuta con l’acronimo inglese PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), che può prendere strade diverse:

  1. può essere compresa e riassorbita;
  2. trasformarsi in depressione o nell’incapacità di tornare alla vita civile;
  3. esplodere in rabbia omicida verso la compagna, un familiare, il primo che passa o verso se stessi (secondo molti esperti la stima dei reduci americani che si suicidarono dopo il Vietnam – oltre 60.000 – superò quella dei morti in guerra – 58.000).

Si stima che fino a un milione di veterani militari americani che hanno prestato servizio in Iraq, Afghanistan e Vietnam soffrono di flashback, incubi, paura, rabbia, sensi di colpa, pensieri suicidi e altri sintomi debilitanti di PTSD.

Niente fissa una cosa così intensamente nella memoria come il desiderio di dimenticarla.

Michel de Montaigne

Nel 1980 la terza edizione del Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-III), introduce il disturbo da stress post-traumatico: il criterio A specificava che la natura dell’evento doveva essere tale da produrre “significativi sintomi di stress nella maggior parte degli individui”.

Nel 1987 la revisione del DSM-III specifica che l’evento traumatico “esulasse dalle esperienze umani comuni”.

Il DSM-IV prevede, più restrittivamente, che “la persona abbia vissuto, assistito o si sia confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri” e che “la risposta della persona comprenda paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore”. (riconoscimento di aspetti soggettivi ed individuali) (connotazioni individuali diverse da soggetto a soggetto in grado di scatenare o meno il quadro psicopatologico) (l’esposizione ad uno stressor estremo non costituisce la condizione sufficiente per lo sviluppo del DPTS)

Solo una parte dei soggetti esposti a traumi, anche di notevole gravità, sviluppa il PTSD.

Una crescente mole di dati sottolinea, inoltre, l’importanza di fattori di rischio quali predisposizione genetica, familiarità psichiatrica, età all’epoca dell’esposizione allo stressor, tratti di personalità, pregressi disturbi psichiatrici, esposizione a precedenti eventi stressanti, caratteristiche del trauma.

CRITERI DIAGNOSTICI DEL DPTS PER IL DSM-IV

A. La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:

– la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri

– la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.

B. L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:

1. ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento

2. sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento

3. agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando

4. disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico

Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi

  1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma
  2. sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma
  3. incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma
  4. riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative
  5. sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri
  6. affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore)
  7. sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita).

Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi:

  1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
  2. irritabilità o scoppi di collera
  3. difficoltà a concentrarsi
  4. ipervigilanza
  5. esagerate risposte di allarme.

Recentemente, come riportato dal DSM-IV-TR, è stata osservata, in pazienti con DPTS, la presenza di manifestazioni psicotiche vere e proprie quali ideazione paranoide, comportamento bizzarro, allucinazioni visive ed uditive non correlate al rivivere il trauma che potrebbero essere considerate come un’estrema forma di ipervigilanza che include l’ideazione e i deliri di persecuzione.

Secondo il National Institute of Mental Health (NIMH) americano, caratteristica del PTSD è il fatto che la vittima rivive ripetutamente l’esperienza traumatizzante sotto forma di flashback, ricordi, incubi o in occasione di anniversari e commemorazioni.

Le persone affette da PTSD manifestano difficoltà al controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa o confusione emotiva, depressione e ansia, insonnia, ma anche la determinazione a evitare qualunque atto che li costringa a ricordare l’evento traumatico.

Un altro sintomo molto diffuso è il senso di colpa, per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui. Dal punto di vista più prettamente fisico, alcuni sintomi sono dolori al torace, capogiri, problemi gastrointestinali, emicranie, indebolimento del sistema immunitario.

La diagnosi di PTSD arriva quando, sempre secondo il NIMH, il paziente presenta i sintomi caratteristici per un periodo di oltre un mese dall’evento che li ha causati.

Le scale diagnostiche, per lo più costruite facendo riferimento al DSM, permettono di formulare la diagnosi di DPTS, valutando la frequenza e la gravità di ciascun sintomo, l’impatto sulla vita sociale e lavorativa, la gravità complessiva del disturbo.

Esempio di scale diagnostiche è la Clinical Administered PTSD Scale (CAPS).

La Clinician-Administered PTSD Scale (CAPS) è un’intervista strutturata per valutare il disturbo post-traumatico da stress sviluppata dal National Center for PTSD, dello US Department of Veterans Affairs.

La CAPS fornisce differenti punteggi: punteggi sulla gravità per i sintomi individuali del PTSD (Rievocazione, Evitamento e ottundimento, Iperarousal) e una valutazione di sindrome completa PTSD.

L’uso delle scale sintomatologiche è finalizzato fondamentalmente alla valutazione della gravità riferita ai singoli sintomi e della gravità globale del disturbo; in nessun caso, però, possono essere impiegate per la formulazione della diagnosi.

Esempio di questa tipologia di scale è la Impact of Event Scale (IES)

Scala di impatto dell’evento – Rivista, traduzione e adattamento di Michele Giannantonio

I dati della comorbilità sembrano essere indipendenti dal tipo di evento che scatena il DPTS: sia reduci di guerra, che vittime di disastri civili, che vittime di eventi traumatici subiti nell’infanzia presentano lo stesso tipo di comorbilità.

La depressione maggiore rappresenta il disturbo più frequentemente associato al DPTS.

Quando il soggetto (soldato o civile) affetto da PTSD non trova riconoscimento e accoglimento del danno subito, possono essere messi in atto alcuni comportamenti per così dire di “autocura”, che hanno lo scopo di aumentare la tolleranza sia allo stress subito, sia agli stressor successivi. Tra questi comportamenti il più importante e pericoloso a livello sia clinico che sociale é quello dell’assunzione di droghe e alcoolici.

Non esiste un consenso generale sul modo di curare le persone affette da PTSD. Non è neppure escluso che il PTSD si risolva anche senza specifici trattamenti, se l’individuo è assistito e aiutato nell’ambiente familiare e comunitario e se le sue condizioni personali lo permettono. Tuttavia, in generale, una forma di trattamento è auspicabile prima che i sintomi degenerino in forme croniche.

Il trattamento può aversi essenzialmente su due livelli: quello farmacologico e quello psicoterapeutico.

Un aspetto importante sarebbe la consapevolezza che le vittime e le persone più ampiamente coinvolte in un evento traumatico devono avere del PTSD.

Il trattamento deve quindi partire da una fase di educazione e di informazione dei superstiti e delle loro famiglie sulla possibilità e sulle modalità di sviluppo del PTSD.

Riconoscere i sintomi nelle settimane successive, e agire rapidamente per gestirli e trattarli è una componente che influenza fortemente il successo del trattamento.

Terapie e trattamenti specifici per il DPTS

La maggior parte degli studi sottolineano l’importanza dell’utilizzo di terapie integrate, ovvero dell’abbinamento di terapie psicofarmacologiche e di psicoterapia.

In particolare, una recente review del British Medical Journal, riassume i trattamenti psicoterapeutici utilizzabili per il DPTS in tre principali gruppi: i trattamenti di stampo cognitivo-comportamentale o puramente cognitivo, l’EMDR, la terapia psicofarmacologica.

L’Eye movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) è il trattamento più efficace per disturbo di stress acuto e PTSD.

Nel caso di un evento traumatico, l’eccitazione fisiologica ed emotiva da esso derivante sconvolge il meccanismo d’elaborazione delle informazioni, causando l’immagazzinamento “non fisiologico” delle informazioni assorbite al momento del trauma (es. immagini, pensieri, sensazioni, convinzioni disturbanti, ecc.).

La focalizzazione dell’EMDR è sul ricordo dell’esperienza o esperienze traumatiche che hanno contribuito a sviluppare la patologia o il disagio che presenta il paziente.

Si tratta di una metodologia che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione ritmica destro- sinistra per trattare disturbi legati ad esperienze passate o a disagi presenti dei soggetti.

La desensibilizzazione e il cambiamento di prospettiva osservabili durante una seduta di EMDR riflettono l’elaborazione del ricordo dell’esperienza traumatica e quindi si osserva che il paziente per la prima volta “vede” il ricordo lontano, distante, eliminando le sensazioni fisiche disturbanti.

Al termine di una seduta completa di EMDR il paziente è in grado di pensare all’evento traumatico senza alcun disagio emotivo e senza alcun disturbo a livello corporeo.

In genere viene percepito come qualsiasi altro ricordo di situazioni che sono state altamente stressanti o traumatiche che appartengono alla sua storia.

L’esecuzione di alcuni movimenti oculari da parte del paziente, durante la rievocazione dell’evento, permette di riprendere o di accelerare l’elaborazione delle informazioni legate al trauma.

 

 

Matteo SIMONE
Psicologo
380-4337230