Lo stalking viene chiamato anche “sindrome del molestatore assillante” , si tratta di un fenomeno in crescente aumento nel nostro paese al punto che nel 2009 con la legge 23 aprile 2009, n. 38 è stato dichiarato reato. Lo stalking vede, nella maggior parte delle volte, donne vittime e uomini persecutori anche se non mancano casi inversi, riguarda individui che oltre l’80% dei casi si conoscevano in quanto ex partner , amici e/o colleghi di lavoro. L’età delle vittime di stalking varia dai 14-16 anni fino all’età adulta, il fenomeno tende a diminuire dopo i 50 anni. In genere i singoli comportamenti dello stalker non sono ritenuti di per sé reato, lo rendono tale la modalità con cui vengono agiti e la reazione emotiva della vittima che non gradisce tali comportamenti al punto da esserne impaurita. E’ possibile confondere inizialmente un comportamento di stalking con il corteggiamento, ma nel momento in cui certi comportamenti risultano inadeguati e non graditi siamo in presenza di uno stalker e non di un corteggiatore. In genere la vittima cerca sempre di far ragionare il proprio persecutore per cui lo incontra, risponde alle sue richieste…ciò la mette sempre più a correre un rischio perché lo stalker gioca proprio sull’ambivalenza. Certi comportamenti possono durare pochi mesi ma anche anni, di conseguenza la vita della vittima cambia radicalmente poiché aumenta la paura, si presenta ansia, insonnia e possibili flashback tipici del disturbo post traumatico da stress, tutto ciò va a ledere l’attività lavorativa e i rapporti sociali. Lo stalker agisce attraverso due tipologie di comportamento (Mullen P. E. & al., 2000):
– Comunicazioni intrusive: manifesta le proprie emozioni, desideri, bisogni ed impulsi attraverso messaggi, lettere, sms, telefonate, ecc.
– Contatti: controlla in modo diretto la vittima, attraverso pedinamenti, farle visita a casa o al lavoro, aggredendola.
Affinché si possa parlare di stalking occorre che:
- lo stalker, agisce nei confronti di una persona che è designata come vittima in virtù di un investimento ideo-affettivo, basato su una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata;
- lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione e/o sul contatto, ma in ogni caso connotati dalla ripetizione, insistenza e intrusività;
- la pressione psicologica legata alla coazione comportamentale dello stalker e al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico (Galeazzi G.M., Curci P., 2001).
Vari studi che hanno esaminato il profilo psicologico dei numerosi stalkers hanno permesso di individuare cinque tipologie di stalker:
- “il respinto” , un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. Il rifiutato non accetta la fine della relazione e fa di tutto per ripristinarla. L’obiettivo è quello di ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Può Inizialmente porsi come una persona distrutta che non riesce a stare senza l’altro per poi mostrare la propria aggressività. Si tratta di soggetti con attaccamento insicuro per cui l’abbandono procura una forte angoscia che porta lo stalker a vivere l’assenza dell’altro come una minaccia alla sua integrità.
- “il bisognoso d’affetto” o il “cercatore d’intimità”, vorrebbe una relazione con l’altro. La relazione idealizzata dovrebbe riempire il senso di solitudine, la mancanza di una relazione fisica o emotiva stabile con un’altra persona. Non sono soggetti particolarmente pericolosi anche se il loro comportamento procura un forte fastidio in chi lo subisce.
- “il corteggiatore incompetente” o l’ “inadeguato” , è incapace a relazionarsi con l’altro, adotta “tecniche di corteggiamento” che, nella maggioranza dei casi, si rilevano controproducenti, ingenerando a volte paura nell’altro, poiché agisce attraverso comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione della stessa vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando persona da molestare.
- “il risentito” o “rancoroso” , agisce con l’intento di vendicarsi di un torto o danno subito, ricerca una vendetta, per cui giustifica i propri comportamenti, in quanto il risentimento fa considerare giustificati i propri comportamenti allontanandosi dal piano di realtà. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa che può ledere prima l’immagine della persona e poi la persona stessa.
- “il predatore”, ha come scopo un appagamento sessuale con la vittima per cui la pedina, insegue e spaventa. Studia i comportamenti della vittima spiandola, progetta l’agguato. In questa categoria rientrano gli stupratori seriali, i feticisti e i pedofili.
I comportamenti di stalking possono essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche fortemente negative sulla vittima, in quanto le conseguenze dello stalking, per chi lo subisce, spesso si trascinano per molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati d’ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flashback e veri e propri quadri di disturbo post traumatico da stress. E’ importante che la vittima senza alcuna vergogna denunci quanto le sta accadendo . Chi tenta di risolvere la questione privatamente si sentirà impotente e impaurita perché lo stalker non desiste alle sue richieste di smetterla. Anzi, si nutre della debolezza e paura che induce nella vittima pur di mantenere un contatto.