Contrariamente alla “psicologia del senso comune”, noi addetti ai lavori sappiamo che l’assenza di litigi all’interno di una coppia non è indice di un rapporto ottimale, tutt’altro.
Il conflitto rappresenta un momento costruttivo nel corso di una relazione, l’espressione di un’aggressività, per così dire, necessaria, specie in alcune fasi del rapporto di coppia (ad esempio con l’ingresso nella nuova famiglia che la coppia va a costituire o dopo la nascita di un figlio) e, in generale, durante tutti quei momenti in cui è indispensabile cambiare equilibri precedenti, e rinnovare creativamente le sfumature del rapporto. Non è, dunque, il conflitto a dover essere evitato, bensì la sua connotazione distruttiva, in cui non c’è spazio per movimenti verso il futuro ed il benessere del Noi.
Cosa c’è alla base di tutto ciò? Talvolta accade che le premesse stanti dietro al progetto di coppia siano piuttosto fragili. Si pensi a quelle unioni che si istituiscono intorno all’aspettativa di uno o di entrambi i partner di trovare nell’altro il complemento “perfetto” di se stessi, la cosiddetta “altra metà della mela”. O ancora, a coloro i quali si portano dietro, senza magari esserne consapevoli, i conflitti della generazione precedente. In tutti questi casi, se da un lato non si è capaci di flessibilità e cambiamento di vedute, e dall’altro il partner rifiuta di stare dentro suddette aspettative, è probabile che scoppino delle liti (o che implodino nei cosidetti “litigi mascherati”) difficilmente risolvibili tra le due parti, che alla lunga possono creare situazioni di stallo nella coppia; quadri familiari in cui formalmente continua un rapporto che, però, di fatto resta ferma allo stesso punto cieco.
In queste circostanze il lavoro pensabile non è sempre e necessariamente la terapia di coppia: un primo step potrebbe essere un percorso di tipo individuale, in cui la Persona maggiormente in difficoltà, cominci ad entrare in contatto ed a comprendere le proprie complessità, in modo da avviare un processo di cambiamento di prospettiva alla vita. Questa potrebbe essere l’occasione per svincolarsi da “gabbie mentali” del passato (essere ancora mentalmente dipendenti dalla propria famiglia d’origine; essere condizionati dai giudizi dei familiari), diventare capace di negoziare nella relazione con l’altro (esporre all’altro i propri bisogni e ascoltando i suoi, evitare di ricorrere a “musei coniugali”; condividendo nel presente le cose che non ci vanno bene, non fermarsi agli agiti ma comprendere cosa c’è in termini emotivi dietro a determinate azioni) e riscoprire e svelare anche al partner la propria autenticità ed unicità, senza privarsi di interessi importanti per sé (che di fatto non possono rappresentare nessun ostacolo per la relazione) favorendo, così, l’instaurarsi di un clima positivo e più rilassato sia per se stesso che all’interno della coppia.
Valentina Glorioso
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