Poeti e scrittori, “…nelle conoscenze dello spirito (essi) sorpassano di gran lunga noi comuni mortali, poiché attingono a fonti che non sono ancora state aperte alla scienza” (Sigmund Freud “Der Wahn und die Träume in Wilhelm Jensens Gradiva”, 1906).
Tra gli artisti a cui faceva riferimento il padre della psicoanalisi vanno annoverati quei molti pittori che, ispirandosi al tema del “Bambin Gesù” tra le braccia della Madre, hanno significativamente raffigurato l’atto di prendersi cura dei neonati e di nutrirli. Le immagini religiose enfatizzano per lo più l’aspetto ieratico dell’incontro dell’umano con il divino, altri riescono a rappresentare la relazione reale che si viene a stabilire tra genitori e figli, al di là dello scopo iconografico della Sacra famiglia.
Nei primi anni del sedicesimo secolo, Giorgione dipinse quel misterioso quadro divenuto oggetto di numerose interpretazioni, che vede protagonista una donna nuda dallo sguardo rivolto verso l’osservatore. Le fa da palcoscenico un paesaggio campestre, nel quale è assisa su di un rialzo nei pressi d’un ruscello. Allatta un bambino, trattenuto a sé con la mano destra, assumendo una posizione che ci restituisce l’immediata impressione di volerlo allo stesso tempo proteggere e mettere in mostra compiaciuta. Anche l’uomo dalla giubba rossa, appoggiato a un’asta, che, più in basso, dall’altra parte del rio, le sta di fronte, ha l’aria di chi vigila e sorveglia la scena. Il bagliore d’un fulmine solca un cielo denso di nubi scure preannunciando il titolo dell’opera: La Tempesta (Museo dell’Accademia, Venezia).
Tra le tante interpretazioni di questo capolavoro, che hanno spesso puntato ai significati allegorici, e persino alla simbologia alchemica, gli autori de “La nascita della Intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia” (Raffaello Cortina, Milano 2014), Massimo Ammaniti e Vittorio Gallese, hanno focalizzato la loro attenzione sui comportamenti genitoriali che ne emergerebbero, in specie nei primi mesi d’esistenza del bambino.
Palese uno scenario di interazioni triadiche fra madre, padre e figlioletto, per come, negli ultimi anni, è stato approfondito dalla scuola di Losanna, per esempio in “The primary triangle: a developmental systems view of mothers, fathers, and infants” di Elisabeth Fivaz-Depeursinge e Antoinette Corboz-Warnery (1999).
“Madre e bambino si trovano all’interno d’uno spazio intimo e privato, delimitato da un velo bianco che fa pensare a una membrana placentare che avvolge entrambi. – scrivono gli autori de “La nascita della Intersoggettività” – Non si tratta d’uno spazio chiuso, simbiotico e che esclude gli altri perché la madre – pur allattando il figlio – si rivolge con lo sguardo allo spettatore, il quale personifica il mondo sociale”.
La nudità sottolinea l’importanza del contatto epidermico nella costruzione dello stretto legame di attaccamento anche al fine della regolazione dei ritmi psicobiologici indotti da quei “regolatori nascosti” (di frequenza cardiaca, pressione sanguigna, ritmi neuro-ormonali) di cui parla Myron A. Hofer (1995).
I colori vivaci dell’abbigliamento del giovane ne rifletterebbero l’umore, nella consapevolezza d’una responsabilità paterna dissimile certo dalla materna; differenza rimarcata dal diverso livello, inferiore, in cui si trova. L’appoggio al bastone gli può forse tornare, pure allegoricamente, utile in funzione difensiva, nella prospettiva della minaccia climatica reale o figurata.
Quello della protezione è tema centrale nella teoria dell’attaccamento di John Bowlby (Attachment and loss. 1. Attachment, 1969), visto che entrambi i genitori devono preoccuparsi di sventare le insidie che potrebbero attentare alle fragilità infantili.
In un rapporto fusionale, “il bambino cerca d’essere l’oggetto della madre”, sostiene Jacques Lacan (1957-1958) e, per impedire la perdita immaginaria dei confini relazionali, a “stabilire la legge per la madre”, subentra “la parola del padre” (Diatkine G., 2000), quale “principio di realtà”, il quale solo può reinserire la diade materno-infantile all’interno di quei significati condivisi del contesto semantico che ne sancisce le regole.
La co-genitorialità, prodotta dall’interazione padre madre, va a manifestarsi in un “coordinamento tra gli adulti responsabili della cura e dell’educazione dei figli” (Mc Hale J. P., Kuersten-Hogan R., Rao N., 2004).
Si dice che l’amore parentale sia, per molti versi, analogo a quello sentimentale. Comune l’obiettivo evoluzionistico nella perpetuazione della specie. Sovrapponibile il comportamento della diade a quello degli amanti. Dalla ricercata vicinanza fisica, o dalla sincronia espressiva e gestuale, di carezze, abbracci, baci, al guardarsi senza bisogno di parlare, in assorta estasi. Il linguaggio perde di significato per privilegiare la musicalità del maternese (Baby talk), articolato in vocalizzazioni non verbali, che altererebbero la pronuncia di eventuali originarie parole incompiute per invadere la dimensione fàtica di Romàn Jakobsòn, in una comunicazione quasi del tutto a-finalistica.
La mimica facciale assume valenza coreografica nell’avvicendamento ritmico di distanziamento, avvicinamento, moti sincronici (Stern D. N. 1977; Beebe B. 1982). E madre e bambino condividono quest’orchestrazione di espressività in una reciproca concordanza, che ne pone in risalto la corrispondenza (matching).
Entrambe le forme d’amore costituiscono tra le esperienze più altamente gratificanti (Bartels A. Zeki S., 2004). Le attivazioni nell’insula mediale e nel giro cingolato, ventralmente e dorsalmente all’estremità anteriore del corpo calloso (genu), rilevate nel cervello materno sono sovrapponibili a quelle esplorate nel sentimento romantico d’amore. Altre attivazioni specifiche nella sezione postero-ventrale del talamo e in una regione sovrapposta al grigio periacqueduttale del mesencefalo non sono state confermate nell’amore sentimentale. L’attività nel mesencefalo si sovrappone anche alla formazione reticolare, locus ceruleus, nucleo del rafe, probabilmente in connessione al grigio periacqueduttale, in cui si concentra l’ossitocina coinvolta nel comportamento materno.
Ancora più interessanti appaiono i profili di disattivazione nelle aree cognitive, collegate alla mentalizzazione e alle emozioni negative. Questo pattern di disattivazione, in entrambe le forme affettive, interessa maggiormente l’emisfero destro, in particolare: la corteccia prefrontale mediana, la giunzione parieto-occipitale/solco temporale superiore, fino al cuneo mediale e all’amigdala. Invece la corteccia orbitofrontale laterale e il grigio periacquaduttale non sono attivati dall’amore sentimentale. Infatti, le regioni attivate appartengono al sistema della ricompensa (reward), contenente un’elevata densità di recettori per ossitocina e vasopressina. Mentre, sia nell’un caso che nell’altro, l’attività delle regioni associate alle emozioni negative, mentalizzazione, giudizio sociale sono inibite anche di fronte all’evidenza, tanto da poter confermare che l’amore sentimentale è “cieco”, sordo e perfino demente e quello materno non percepisce nessuna bruttura (“Ogni scarrafone è bello a mamma soja”).
L’enfasi maggiore va posta sulle influenze reciproche tra madre e bambino, nell’ambito di questo loro sistema diadico. In una prospettiva sistemica, l’attività primaria del piccolo s’inserisce a pieno titolo nello scambio che avviene tra le singole organizzazioni endogene personali vicendevolmente influenzantesi (Sander L. 1985). Louis Sander pone le basi dell’identità umana sul senso soggettivo di agency e nella conseguente trasformazione dell’influenza esercitata dal comportamento del bambino sul sistema interattivo, in cui opera, rilevando le risposte provenienti dall’ambiente in riferimento alle contingenze del proprio comportamento.
Come motivazione centrale dello sviluppo infantile, Joseph D. Lichtenberg vede l’esperienza di quel senso di efficacia nel riuscire a ottenere la soddisfazione dei propri bisogni. Margaret Rustin distingue nettamente questi due concetti di agency e di efficacia, affermando che il senso dell’agency si costruisce proprio a partire dalle esperienze di riconoscimento dell’efficacia del proprio comportamento.
Il senso agente di sé edifica il senso personale del sé, in quanto implica “la volontà, il controllo degli atti autogenerati… e aspettarsi le conseguenze delle proprie azioni”, aggiunge Daniel N. Stern, in “The Interpersonal World of the Infant” (1985).
Questo concetto è stato brillantemente illustrato da Artemisia Gentileschi, nel 1609, quando la pittrice aveva appena sedici anni. “La Madonna col bambino” (della Galleria Spada, Roma) mostra un attivo movimento del braccio sinistro del pargolo nell’intenzione di destare l’attenzione della madre, assopitasi nel corso dell’allattamento, secondo quello stesso schema, Still-Face, osservato da Tronick E. Z., Als H., Adamson L. et al. (1978).
Nella reciproca regolazione degli stati affettivi e comportamentali con la madre, il bambino sperimenta l’interazione che gli consente d’attivarsi all’interno del proprio ambiente. Questo processo di mutua regolazione si dispiega nel corso dello sviluppo anche in maniera conflittuale, nel senso che negli scambi interattivi può venire a mancare la corrispondenza (mismatch), con il risultato d’una discordanza comportamentale, che inevitabilmente si riflette sull’affettività. I bambini maschi, essendo maggiormente reattivi a livello emotivo, manifestano maggiori richieste di contatto, impegnano di più la madre con segnali di evitamento e di distress. Una madre, che nel decodificare il comportamento del proprio bambino, è disattenta o lo fraintende, è destinata a generare uno scacco interattivo o un mismatch. Il processo di mutua regolazione, prerequisito fondamentale per lo scambio sociale e la comunicazione, lo diviene anche per la riparazione di tali scacchi interattivi.
Le ricerche cross-culturali di Marc H. Bornstein hanno evidenziato come le madri appartenenti a etnie differenti, tra loro dissimili nei comportamenti discrezionali, o ludici, tendono a omologarsi maggiormente quando sono invece impegnate in quell’accudimento rispondente ai bisogni primari dei piccoli, soprattutto perché, indipendentemente dal contesto, le necessità fisiche stimolano di per sé risposte limitate.
I temi narrativi espressi dalle donne in gravidanza possono essere verbalizzati in una mitografia relativa alla maternità e al nascituro, che riferisce di atteggiamenti difensivi per preservare la propria autostima, di funzioni riparatorie o compensatorie dell’equilibrio del sé ideale, di ansie e paure che sfociano nel terrificante
Il romanzo horror scritto da Ira Levin, nel 1967, “Rosemary’s Baby”, da cui è stato tratto il famoso film diretto da Roman Polanski, ne è un esempio. La gravidanza riattiva in fondo delle tematiche edipiche che possono alimentare un conflitto patologico, per cui ci si scopre paranoicamente vittime di raggiri e complotti. Quella subita è stata una violenza, mediante la quale si è state invase da una presenza estranea che rappresenta un imminente pericolo (Pines D. 1972).
La maternità ha sempre avuto un grande valore anche simbolico. Ai nostri antenati ai quali ha permesso di moltiplicarsi, avrebbe fornito lo spunto per una primitiva produzione artistica di Veneri steatopigie che ne sottolineavano la fertilità.
La religione, in senso lato, ha esaltato il principio femminile e la maternità, a cominciare dalla Devi-Ma induista sino alle raffigurazioni di Madonne cristiane. Nel caso della Vergine si è avuta la sublimazione dell’atto del concepimento, divenuto l’archetipo dell’Annunciazione. La fecondazione della Madonna non poteva essere accettata come banale conseguenza d’un rapporto carnale, ma doveva rifarsi alla volontà divina, in un mistico momento di spiritualità. Il concetto sociale (maschile) di maternità necessitava dunque d’un rispetto ancora maggiore nel santificare ulteriormente l’atto generativo.
Ernest Jones, nel suo saggio “Die Empfängniss der Jungfrau Maria durch das Ohr: Ein Beitrag zu der Beziehung zwischen Kunst und Religion” (1914), affronta il tema del mascheramento delle fantasie incestuose, che contemporaneamente terrebbe a bada la minacciosa figura paterna. Il soffio dello Spirito Santo penetra nell’orecchio della Madonna, insieme con le parole fecondanti sussurratevi dall’Arcangelo Gabriele, in un’anomala ed ectopica deposizione del seme. Il fiore della purezza simboleggia ambiguamente la sessualità femminile che, da che era in boccio, se sfiorato, sfiorito, o colto, subisce l’immancabile “deflorazione”.
Giuseppe M. S. Ierace
Bibliografia essenziale:
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