Alla ricerca dei ricordi perduti

 

Lo psicologo William James, all’inizio del ‘900, sosteneva che il cervello umano fosse attivo solo al 10% delle sue possibilità; oggi sappiamo che questa è una credenza ampiamente diffusa ma del tutto priva di fondamento scientifico. Attraverso le metodiche di neuroimmagine (come la risonanza magnetica o l’elettroencefalogramma) la scienza ci ha assicurato che la materia grigia è tutta in costante attività e che non ci sono aree inattive neanche quando dormiamo!

Numerosi sono i misteri che avvolgono questo essenziale ma ancora poco conosciuto organo umano e tra questi misteri dobbiamo annoverare il funzionamento della memoria: molti i dubbi in merito ai meccanismi che rievocano una traccia mnestica o quelli che, invece, generano il cosiddetto oblio. La “magia” della memoria fa capolino soprattutto nel caso degli odori: l’intensità e la carica di emozioni che l’olfatto porta con sé sono stati oggetto di grande attenzione da parte di numerosi pensatori: Baudelaire, Wilde, Calvino, Balzac, fino ad arrivare ai giorni nostri con Süskind e il suo celebre romanzo “Il profumo” (1985).

A volte ci basta percepire per qualche istante un profumo per tornare indietro nel tempo, rievocare volti, scene, immagini e, soprattutto, emozioni. Ne “La ricerca del tempo perduto”, ricordiamo il celebre momento dell’assaggio della madeleine da parte del narratore. Proust focalizza l’attenzione su quanto il gusto di questo dolcetto francese sia in grado di far tornare alla mente del protagonista del romanzo antichi ricordi infantili (memoria episodica) apparentemente dimenticati: lo stesso Proust, colpito dall’intensità di questa esperienza percettiva ed emozionale, se ne mostra assai meravigliato: “Trasalii: attento a qualcosa di straordinario che mi stava accadendo”. In effetti, quello che avviene in questi casi appare davvero al di fuori dell’esperienza ordinaria, si tratta di qualcosa che sembra avere le caratteristiche del “miracolo”.

Nell’esperienza olfattiva entrano in gioco da una lato le parti profonde del cervello (amigdala, ippocampo) che sono anche le più antiche, note come “paleo-cervello” o sistema limbico, dall’altro alcune aree di più recente formazione (e quindi dette “neo-cervello”), più superficiali ed esterne, che occupano la zona della corteccia frontale. Il lavoro congiunto di queste aree produce l’esperienza olfattiva che, integrandosi con altri processi cerebrali, si collega all’emozione: ed ecco affiorare il ricordo carico di affettività.

Proprio grazie a questa straordinaria associazione odore / ricordo, è nata la terapia riabilitativa olfattiva o “olfattoterapia”: gli odori vengono utilizzati in modo terapeutico per far riaffiorare ricordi apparentemente perduti.

Da 12 anni, presso Garches, non lontano da Parigi, sorge una costruzione bassa, di mattoncini rossi: è l’ospedale Poincaré, al cui interno si lavora con grande premura e coraggio in questa direzione. A dirigere l’unità di rieducazione neurologica il professor Philippe Azouvi; nata da una intuizione del professor Bernard Bussel, questa incredibile terapia supporta pazienti colpiti da gravi traumi o patologie cerebrali nel ritrovare la memoria. Oltre al riscontro positivo con questa tipologia di pazienti, si sono ottenuti effetti addirittura su pazienti in stato di coma: anzi, tutto è cominciato proprio da qui. Un paziente di Bussel, infatti, da anni in coma, si è risvegliato proprio grazie alla somministrazione di uno stimolo odoroso, una crema profumata che un parente del paziente gli aveva per lungo tempo spalmato sul corpo. Dal momento che il soggetto era impossibilitato a parlare, a vedere in quanto in stato di incoscienza, l’odorato gli ha permesso di entrare in contatto diretto, viscerale e immediato con emozioni antiche e intense che hanno provocato l’interruzione dello stato di coma. L’ospedale si avvale anche del prezioso e “profumato” aiuto di società cosmetiche (International Flavors & Fragrance) e di gruppi di volontari.

Si tratta di un lavoro che richiede tempi lunghi e pazienza, ma alla fine i risultati si ottengono: circa 400 pazienti hanno avuto un miglioramento della sintomatologia anche grazie a questa particolare ma importante forma di cura.

 

I commenti sono chiusi.